Braccio di ferro contro lo Stato: un tesoretto da 4 milioni di euro

Braccio di ferro contro lo Stato: un tesoretto da 4 milioni di euro
IL MALLOPPOBELLUNO C'è un tesoretto nelle tasche della Camera di commercio di Treviso e Belluno che vale quattro milioni di euro. È frutto di un braccio di ferro con lo Stato...

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IL MALLOPPO
BELLUNO C'è un tesoretto nelle tasche della Camera di commercio di Treviso e Belluno che vale quattro milioni di euro. È frutto di un braccio di ferro con lo Stato che va avanti sul 2006 da quando un decreto impone di versare una quota degli introiti degli enti camerali con l'obiettivo di ridurre il debito pubblico.

IL GIUDIZIO
Il 22 dicembre ci sarà la prima pronuncia del giudice chiamato a decidere se quei soldi spettino allo Stato o siano di chi li ha pagati: le imprese trevigiane e bellunesi. Il decreto Taglia spese impone infatti che il dieci per cento dei versamenti all'ente vengano versati allo Stato. «Una gabella» la definisce senza mezzi termini il presidente della Camera di commercio Mario Pozza «Che noi ci siamo rifiutati di versare fin dal 2016 e che vale circa un milione di euro l'anno». Soldi che l'ente non ha speso ma ha messo in un cassetto in attesa della pronuncia del magistrato. «Le imprese già pagano le tasse: perché mai quei quattrini, aumentati di un ulteriore 10 per cento nell'ultima finanziaria devono andare allo Stato per abbattere il debito pubblico? Contro il parere di tutti li abbiamo trattenuti. Assumendoci le nostre responsabilità. Se la pronuncia confermerà che abbiamo agito correttamente il mio erede riceverà un tesoretto da quattro milioni di euro. Ma quante volte dobbiamo pagare le tasse? questi sono soldi che devono rimettere in moto questo territorio. Noi siamo fiduciosi, lo abbiamo fatto con cognizione di causa, i Comuni sono stati esentati. Ad essere costretti a pagare sono rimaste le camere di commercio e le università. Se questo è l'aiuto che viene dato all'economia fate voi le valutazioni».
LE POLEMICHE
Pozza è anche tornato, presentando i dati, sui numeri che hanno portato alla fusione delle camere di commercio. «Belluno era l'unica camera che era costretta a ricorrere al fondo perequativo. Con i soldi in cassa non sarebbe stato possibile pagare gli stipendi oltre il mese di ottobre». «Ci si fanno dei film - ha proseguito Romano Tiozzo, direttore dell'ente - l'accorpamento è stato un vantaggio soprattutto per Belluno anche se la verità è che provvedimenti di questo tipo sono utili a tutto il territorio a un area più vasta».
LA REPLICA

Ivana De Pizzol, bellunese che siede in giunta, è andata oltre: «Spero che i bellunesi, vedendo questi numeri capiscano che la camera di commercio di Treviso e Belluno non danneggia la provincia di Belluno, tante lamentele che non fanno bene a nessuno. A fine 2019 sono tantissime le imprese che hanno chiuso in provincia. Dobbiamo essere uniti per raggiungere qualche obiettivo in più. Dobbiamo farci sentire, alzare la voce. C'è la necessità di spingere su questo punto. Basta piangersi addosso. Nonostante i dubbi che c'erano all'inizio adesso si vedono i risultati. Anche se è abusato il termine, fare squadra, rimane l'obiettivo. Lo spopolamento e la denatalità hanno bisogno di forza comune. Abbiamo anche aziende grandi e ben strutturate che hanno difficoltà. Le categorie che compongono la camera di commercio, ci aiutino. Voltiamo pagina tutti assieme, una volta per tutte».
A.Z.
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Il Gazzettino