VICENZA - In Italia sono più di 474mila le persone in pensione da oltre 36 anni. Pur con l'astrazione tipica delle statistiche, il dato solleva nuovi quesiti sulla...
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A stretto giro di posta comunque dal Governo si escludono iniziative in tal senso: «Non c'è nessuna istruttoria né tecnica né politica su contributi dalle pensioni», dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, poi invita anche a «non alimentare le incertezze», ricordando che «il contributo di solidarietà oggi sulle pensioni alte c'è già, è a scadenza, dovrà essere valutato se confermarlo in quella maniera o diversamente», ma nulla di nuovo è allo studio.
Il dato sulla previdenza pluriennale (16,3 milioni i pensionati in Italia nel 2014) emerge dalle tabelle Inps sugli assegni per vecchiaia e anzianità nel settore privato, che non considerano invalidità e pubblico impiego, dunque anche i baby pensionati. I 474mila pensionati storici all'inizio della pensione, prima del 1980, avevano mediamente 54,9 anni (41,3 anni nel caso di pensioni a superstiti). Sono 800 mila le persone in pensione di vecchiaia da prima del 1986 (527 mila i superstiti).
«Possono essere anche importi limitati - afferma Boeri al Festival Città Impresa di Vicenza - ma se uno li ha percepiti da quando aveva meno di 40 anni, chiaramente cumulandosi nel tempo vengono a stabilire un trasferimento di ricchezza pensionistica considerevole». Boeri torna poi sui pensionati che percepiscono meno di 750 euro - 6 su 10 secondo i dati emersi in settimana - e invita però a «guardare al dato medio per pensionato, e non alla pensione media». In realtà, spiega, «la situazione è meno grave di quel che si possa pensare» (da luglio saranno disponibili i dati). Boeri apre sulla richiesta giunta ieri al Governo dai sindacati di intervenire già prima del Def. «È importante che si intervenga - osserva - non è qualcosa che si può rimandare a lungo. Soprattutto gli aspetti più importanti sul mercato del lavoro sono qualcosa su cui bisogna intervenire adesso, perché il blocco morde e in qualche modo ostruisce l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro adesso, non fra tre anni». Il presidente dell'Inps non vuole comunque fare fughe in avanti: «Ci sono delle compatibilità a livello europeo, ci sono delle priorità che non spetta a me stabilire nell'azione di Governo, ma se si vuole intervenire è opportuno farlo adesso».
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Il Gazzettino