Belluno è deserta all'ora di pranzo «Tenere aperto? Missione sociale»

Belluno è deserta all'ora di pranzo «Tenere aperto? Missione sociale»
IL REPORTAGEBELLUNO Non c'è nemmeno più la speranza che i ristori possano tamponare la perdita. Perchè si sa che, anche se arriveranno, basteranno a poco. A saldare l'ultima...

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IL REPORTAGE
BELLUNO Non c'è nemmeno più la speranza che i ristori possano tamponare la perdita. Perchè si sa che, anche se arriveranno, basteranno a poco. A saldare l'ultima bolletta della luce forse, poco più. Il ritorno in zona arancione è il remake di un film già visto, non ci si stupisce più, al più ci si organizza meglio per provare a guadagnare dove si riesce. Ieri mattina il Goppion di piazza dei Martiri alle 12.30 aveva già chiuso, chiusa anche la pizzeria Mirapiave. Nella caffetteria Dersut di piazza Vittorio Emanuele all'ora di pranzo si incartavano panini, qualche espresso nel bicchierino di carta da portare via o mangiare al parco. Non stupisce più nulla, ma oggi in più c'è la stanchezza di un anno troppo difficile da portare sulle spalle.

RASSEGNAZIONE
«Sono senza parole, non so cosa dire e sono davvero stanca racconta Monica Martini del Dersut -, quando raccolgo l'ordine di due persone non riesco a tenere a mente le richieste». È la stanchezza di chi non sa oggi cosa gli accadrà domani. Monica ha riaperto il bar a giugno con diverse migliaia di euro di affitti arretrati sul groppone, a dicembre sono arrivati i ristori ma non hanno risolto il problema. Ieri la terrazza del suo locale era transennata dal nastro bianco e rosso, un brutto colpo d'occhio che in una piazza vuota e silenziosa faceva subito pensare a qualche fatto tragico. Qualche persona in fila davanti all'ingresso, perché con ristoranti e pizzerie chiuse la pausa pranzo si infila in un sacchetto di carta e ha la forma di un panino o di un tramezzino.
SERVIZIO SOCIALE
C'è nervosismo e rassegnazione. Una donna si mette nella coda, ci sono due persone davanti a lei, decisamente troppe e decide di rinunciare. Forse troverà un altro bar aperto, forse. «C'è necessità di tenere aperto per la pausa pranzo perché chi lavora in centro non sa dove andare spiega -, io ho comprato del pane fresco e preparo i panini al momento. Resta il problema di dove mettersi a mangiare e manca la possibilità di andare in bagno. I ristori sono arrivati a Natale, ma non quanti speravamo, non sono niente a confronto della perdita». Il kebabbaro di via Matteotti raccoglie le ordinazioni al telefono, le persone passano poi a ritirare. La pizzeria Mirapiave, invece, ha deciso per la sola apertura serale con pizze da asporto.
RIATTIVATA LA CASSA
Diego Ferigo della trattoria Il Moretto a pranzo cucina per un gruppo di 12 operai, è da solo ad occuparsi di tutto perché i suoi dipendenti da ieri sono in cassa integrazione. Prepara pasti anche per i lavoratori degli uffici e le cene sono limitate al venerdì e al sabato con i menu etnici, salvo particolari richieste da presentare con giorni di anticipo. Massimo Barel del Goppion ha deciso di lavorare solo al mattino, dalle 7.30 alle 12.30, il pomeriggio tra smart working e divieto di spostamento fuori dal proprio comune non vale la pena.
I COSTI
«Ovviamente io sono aperto solo per dare un servizio ai clienti precisa -, perché non si rientra nemmeno della spesa dell'affitto, essendo i prezzi molto alti in centro. Mi sono già capitati anziani o bambini che non si sentivano bene, ai quali ho permesso l'uso dei servizi o semplicemente una sedia per sedersi e riprendersi.

Il nostro lavoro non è fatto solo di guadagno come molti pensano, è anche un servizio di tipo sociale».
Alessia Trentin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino