Bellombra ricorda l'antifascista Oreste Pavan

Bellombra ricorda l'antifascista Oreste Pavan
La comunità di Bellombra ricorderà domenica, alle 10.30 per le celebrazioni del 25 Aprile, 72° anniversario della Liberazione, la figura di Oreste Pavan, una delle tante...

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La comunità di Bellombra ricorderà domenica, alle 10.30 per le celebrazioni del 25 Aprile, 72° anniversario della Liberazione, la figura di Oreste Pavan, una delle tante vittime della violenza nazifascista. La storia del martire Pavan sarà riportata alla luce dallo storico Paolo Rigoni. Nato a Ca' Emo il 5 settembre 1919, chiamato alle armi nel marzo del 1940, Pavan fu inviato in Albania e aggregato al 207° Reggimento Fanteria. Sull'altra sponda dell'Adriatico subì numerosi ricoveri sino al settembre del 1942 quando fu congedato per motivi di salute.

«Tornato a casa - spiega Rigoni - Pavan iniziò a manifestare idee socialiste e simpatia verso i partigiani».
Il distaccamento delle Brigate Nere di stanza a Villanova Marchesana lo teneva d'occhio e il 31 luglio 1944 scattò un rastrellamento. Pavan e altri tre si nascosero ma vennero scoperti, inseguiti e raggiunti al ponte della Ferrovia sul Collettore Padano. «Lì - prosegue Rigoni - un secondo gruppo di fascisti li attendeva. Dei quattro solo uno riuscì a salvarsi. Pavan, Alessio Beltrame di Gavello e Aurelio Zanforlin di Villanova Marchesana furono picchiati ripetutamente e violentemente bastonati, quindi fucilati sul posto. Alla fine della guerra, dell'assassinio furono accusate quattro persone: due furono condannate a 4 anni e 5 mesi di reclusione, successivamente amnistiati, e due furono assolti per insufficienza di prove».

«La beffa maggiore - racconta il nipote di Pavan, Antonio Stoppa - fu che i fascisti andarono a casa del nonno per far mandare ad Adria del vestiario per Oreste asserendo che era stato arrestato ed era in attesa di essere inviato in Germania. Lo zio Ernesto partì in gran fretta, ma giunto ad Adria fu dirottato al cimitero dove era stata scavata una fossa comune che accoglieva le salme dei tre sventurati. Alle famiglie non rimase che dare sepoltura a quei poveri resti semi irriconoscibili per le sevizie e le torture alle quali erano state sottoposte prima della fucilazione».
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Il Gazzettino