BARCELLONA - «Restiamo uniti» si legge su molti cartelli, sulla Rambla, ma la conflittualità costante tra Catalogna e governo centrale, tra Barcellona e Madrid, quella che...
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Trascorrono pochi minuti e parla un altro ministro dell'Interno, ma è quello della Catalogna (più correttamente conseller de Interior del governo autonomo della Catalogna), Joaquim Forn: «Non voglio contraddire il ministro Zoido, ma l'indagine la fanno i Mossos d'Esquadra - la polizia catalana - e ci sono vari lavori e investigazioni che non possono essere dati per conclusi, la cellula non è smantellata fino a quando non sarà determinata la sorte di tutti i componenti». In sintesi: stiamo ancora cercando due o tre componenti della cellula di terroristi, a Madrid non sanno di cosa parlano. È questo clima che, al di là dell'ovvio rispetto delle cerimonie di ricordo delle vittime, degli applausi (sia pure non proprio scroscianti) al re Felipe VI che con la consorte Letizia ha fatto visita ai feriti negli ospedali ed è andato a rendere omaggio alle vittime sulla Rambla, rischia di compromettere la prevenzione di attentati e le indagini successive. Primo esempio: i Mossos d'Esquadra, il cui comando è stato affidato a un duro dell'indipendentismo, Josep Lluis Trapero, autore di un tweet-manifesto in passato («gli spagnoli mi fanno pena») sono sempre stati esclusi da Madrid, secondo il governo catalano, dai tavoli anti terrorismo, non c'è scambio di informazioni, sono state negate risorse per assumere nuovi agenti. Di riflesso, anche i due corpi di polizia nazionale registrano scarsa condivisione delle informazioni da parte dei Mossos, a partire da quelle legate all'esplosione di mercoledì, ad Alcanar, in cui sono morti probabilmente due componenti della cellula terroristica. Avere sottovalutato quell'episodio, non avere contrastato rapidamente eventuali attentati alla luce del fatto che era evidente che ad Alcanar se ne stava preparando uno, potrebbe essere stato un errore.
M.E.
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Il Gazzettino