Banda dell'oro, nuove indagini per altre decine di colpi in casa

Banda dell'oro, nuove indagini per altre decine di colpi in casa
LE INDAGINIPADOVA È stata chiesta la sbarra per undici dei quattordici componenti della banda italo-albanese, specializzata nei furti in casa. Tre, tra cui un minorenne, saranno...

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LE INDAGINI
PADOVA È stata chiesta la sbarra per undici dei quattordici componenti della banda italo-albanese, specializzata nei furti in casa. Tre, tra cui un minorenne, saranno giudicati a parte. Il sostituto procuratore Sergio Dini, titolare delle indagini, ha accusato la gang di giovanissimi di associazione per delinquere finalizzata ai colpi nelle abitazioni. In totale, secondo quanto raccolto dagli uomini della Squadra mobile, la banda avrebbe svaligiato almeno cinquanta appartamenti tra Padova, la sua provincia e Castelfranco Veneto e Chioggia. Ma i guai per i ragazzi-ladri non sono finiti qui. I poliziotti, su mandato del pubblico ministero, hanno proseguito nelle indagini e hanno appioppato alla gang almeno altri dieci furti. Così in Procura è stato aperto un secondo fascicolo. I ragazzi di età compresa tra i 17 e i 26 anni, prima di ogni furto si davano appuntamento al bar Fly di galleria Tito Livio. Qui, tra uno spritz e una pizzetta calda, individuavano l'obiettivo e si organizzavano per il colpo. Ognuno di loro aveva un compito preciso: chi faceva il palo, chi si intrufolava nelle case per fare razzia, chi andava a seppellire il tesoro lungo l'argine del Bacchiglione in zona Bassanello e chi vendeva il bottino nei compro oro padovani o nei campi rom milanesi. Da novembre dell'anno scorso a giugno gli inquirenti hanno accertato almeno 50 colpi. La quasi totalità degli indagati proviene dalla cittadina albanese di Laç e sono arrivati in Italia come minori non accompagnati quando avevano tra i 15 e i 16 anni. Le modalità di effrazione erano sempre le stesse: i ladri entravano da una finestra forzandola con un grosso cacciavite, chiamato la spada di Skanderbeg, un noto patriota albanese, poi bloccavano la porta d'ingresso con il chiavistello o spostando un armadio, per impedire ai padroni di casa di coglierli sul fatto così da avere il tempo per fuggire. Arraffato il bottino, quasi sempre gioielli, lo sotterravano lungo il Bacchiglione e poi lo consegnavano a due ragazze, una moldava e una colombiana nata in Italia e residente a Mestrino, che andavano a venderlo nei compro oro oppure nei campi rom vicino a Milano. La polizia, il giorno degli arresti, ha trovato e sequestrato un chilo di monili per un valore di 30 mila euro.

Marco Aldighieri
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Il Gazzettino