Bacon, la passione sull'orlo dell'abisso

Bacon, la passione sull'orlo dell'abisso
Il suo omaggio a Francis Bacon colpisce dritto al cuore, inquieta, frammenta i pensieri e li disseziona. Ma lievemente, senza angoscia. Sonia Ros, artista di Conegliano con studio...

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Il suo omaggio a Francis Bacon colpisce dritto al cuore, inquieta, frammenta i pensieri e li disseziona. Ma lievemente, senza angoscia. Sonia Ros, artista di Conegliano con studio a Venezia, ha scelto due grandi tele, esposte in questi giorni a Trieste, per offrire un suo personale tributo allo straordinario artista irlandese scomparso nel 1992, al centro di una mostra in programma quest'autunno alla Casa dei Carraresi (dal 15 ottobre). Un confronto non facile, che denota affinità e differenze.

Un colpo di sole, inaspettato e folle, nell'esperienza artistica di Sonia Ros?
«Direi proprio di sì, la mia partecipazione alla mostra dedicata a Bacon è stata improvvisa e inaspettata. Un grandissimo privilegio, un vero e proprio colpo di sole, un momento di profonda intimità con un artista che ammiro moltissimo. Non mi sembra vero!»
Quali opere hai deciso di dedicargli?
«Ho scelto due grandi tele, una intitolata "Immersione" e l'altra "Alabarda". Sono i lavori più pertinenti, che riescono ad entrare in dialogo con le opere di Bacon, entrambi in quella linea di confine che ci accomuna. Noi stiamo su una soglia, sull'orlo dell'abisso, evocando emozioni profonde. Entrambi inoltre, fuori da ogni corrente artistica, apriamo varchi verso un mondo altro».
In cosa siete diversi?
«In Bacon c'è una radicale deformazione del reale che vive però nella storia e nello spazio umano, mutato nei connotati, certo, eppure riconoscibile. In lui sento un profondo desiderio di verità. Le mie opere invece danno conto dei frammenti che sopravvivono alla visione quando si portano a zero i parametri di spazio-tempo. Mi ha comunque ispirato molto nelle opere di questo gigantesco artista il valore plastico delle forme, che ci accomuna, la sensualità del visibile, la carnalità. Lui però è come se mostrasse le budella sanguinolente, mentre le mie sono per così dire profumate. La mia sensualità è inquietante ma non violenta».
L'estate per lei è un tempo proficuo, favorevole alla creazione?
«In realtà per me l'estate solitamente è un periodo di incubazione, quasi di fecondazione, embrionale. Amo fermarmi al cospetto del dio sole guardando il mare. Il sole scalda, resetta il mio essere, mi permette finalmente di entrare completamente in me stessa».
È un'impresa difficile?
«Io sono una persona in perenne corsa, in ansia e fibrillazione anche se non lo dimostro. D'estate mi risulta più facile fermare la mente che mente con i suoi frullii di pensieri: il mare le onde, il rumore, la luce, il calore mi aiutano a liberarmi del superfluo. È un atto catartico».
Il filosofo Elio Matassi ha scritto che «la collisione tra eros e thanatos è il contributo estremo dell'immaginario pittorico di Sonia Ros». Un concetto che si lega a quello di eccesso, dell'andare al di là, conducendoci a visioni di altre vite. Ci si ritrova?

«Certamente sì, è un condurre ad un mondo altro, con eccesso non ostentato semmai sussurrato, intimo, sensuale; in alcune opere più perentorio in altre soffuso. In ogni caso conduce ad un altro mondo, da un'altra parte, dove i frammenti diventano nuovi corpi e delineano forse l'uomo del futuro». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino