Il ministero del Tesoro ha provato a gettare acqua sul fuoco. Via Twitter, attraverso un profilo ufficiale da poco creato. A chi iniziava a protestare sui social network per i...
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Il maxi aumento della principale imposta indiretta non è l'unica trappola nascosta tra le pieghe della manovra appena varata. Un rischio concreto riguarda anche le accise. Un primo scatto in avanti potrebbe esserci addirittura quest'anno. È tutto legato a quello che la Commissione Europea dirà delle norme anti-evasione sull'Iva, quelle che prevedono il cosiddetto «reverse charge», l'inversione contabile, per cui a pagare è direttamente il cliente e non il fornitore. La misura dovrà essere autorizzata da Bruxelles, ma nel caso in cui l'Ue non l'autorizzasse, allora l'accisa su benzina e carburanti dovrebbe aumentare per un ammontare complessivo di 988 milioni. Significherebbe un aumento dei prezzi alla pompa di benzina di 14-15 centesimi al litro. Anche questo aumento potrebbe sommarsi ad un altro a scoppio ritardato, previsto dalla manovra per il 2018: un incremento di 10 centesimi per recuperare 700 milioni nel caso in cui la ripresa dovesse ancora tardare o i tagli di spesa non dare i risultati sperati. Grattando la manovra, il rischio di aumento delle tasse non è limitato solo all'Iva e alle accise. Anche le detrazioni e deduzioni fiscali rimangono in lista come possibile fonte alla quale attingere in caso di bisogno. La legge di stabilità sterilizza il taglio da 3 miliardi previsto dal governo Letta per quest'anno e riduce quello in cantiere per il 2016 da 7 miliardi a 4 miliardi. Ma viene semplicemente «prorogato al gennaio 2016» il termine per l'adozione del decreto del presidente del consiglio, «che dovrà disporre la variazione delle aliquote d'imposta e la riduzione delle agevolazioni e detrazioni vigenti». Sconti fiscali sulle spese mediche o sui mutui per le prime case, insomma, non sono del tutto al sicuro. Molto dipenderà dall'efficacia dei tagli. Il ministero dell'Economia quantifica in 16,1 miliardi le minori uscite rispetto alla legislazione vigente. La somma coincide con quella prospettata da Carlo Cottarelli per il 2015. Per quanto riguarda i 6,2 miliardi richiesti a Regioni, Province e Comuni, le decisioni finali toccheranno proprio agli enti territoriali. I tagli ai ministeri valgono invece circa 2,3 miliardi, a cui ne vanno aggiunti poco meno di 400 relativi a riduzioni di trasferimenti a imprese ed enti e a interventi sul pubblico impiego. Al totale di 16,1 miliardi si arriva sommando anche altre voci quali la riprogrammazione dei fondi europei o lo svuotamento del fondo per la riduzione del cuneo fiscale che era stato approntato con il decreto Irpef di aprile (dunque il taglio in questione era già stato acquisito). Non danno risparmi, secondo la relazione tecnica, le misure di aggregazione delle società partecipate: uno dei temi-simbolo della spending review.
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Il Gazzettino