Attività economiche, chiude un'impresa ogni quattro giorni

Attività economiche, chiude un'impresa ogni quattro giorni
I timidi segnali di ripresa registrati all'inizio dell'anno, che infondevano un po' di ottimismo, nell'arco dei mesi si sono via via dissolti e il bilancio sulla salute delle...

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I timidi segnali di ripresa registrati all'inizio dell'anno, che infondevano un po' di ottimismo, nell'arco dei mesi si sono via via dissolti e il bilancio sulla salute delle imprese della Destra Tagliamento si chiude ancora una volta in rosso. Dagli studi statistici effettuati dall'Ascom Confcommercio, infatti, risulta che ogni quattro giorni chiude un'impresa. «E la cosa più drammatica - sottolinea Massimo Giordano, direttore dell'Ascom provinciale - è il trend negativo, secondo il quale il 75% delle nuove imprese, ovvero 3 su 4, è destinato a chiudere nell'arco di 5 anni. Un dato questo che indica non solo il perdurare delle crisi, ma soprattutto il calo della qualità imprenditoriale, che favorisce l'improvvisazione. Cosa, questa, che la nostra associazione sta contrastando in ogni modo, proponendo agli aspiranti imprenditori studi precisi di mercato per metterli al riparo dai flop».

Dai dati raccolti nello studio affidato alla Format research srl, che con cadenza trimestrale tasta il polso agli operatori, fotografando l'andamento del mercato provinciale e le principali problematicità che interessano gli operatori, si stima (poichè l'anno non si è ancora concluso) che nel 2016, chiuderanno 1.736 imprese, delle quali 1.086 del terziario (negozi, bar, turismo, servizi) e 650 imprese di altre attività (di tipo artigianale, industriale, manifatturiero). E ciò a fronte di 1.645 nuove iscrizioni, delle quali 1.231 del terziario e 423 di altri settori. Con un saldo negativo di 82 attività perdute, una, appunto, ogni 4 giorni.

Consultando poi un campione di 400 operatori pordenonesi, rappresentativo dei settori più significativi (turismo, servizi, ingrosso, e dettaglio), nel terzo trimestre dell'anno, si riscontra un significativo calo della fiducia nel futuro, la contrazione dell'occupazione, la crescita del fabbisogno finanziario, ma per contro la scarsa propensione a rivolgersi alle banche. «E il motivo è presto detto - riassume Alberto Marchiori, presidente dell'Ascom Confcommercio - perchè il sistema bancario allo stato attuale si occupa di tutto, vende case assicurazioni, sevizi, tranne che del prestito». Dai questionati compilati dagli operatori risulta che nel terzo trimestre dell'anno in molti hanno rinunciato a investire e a bussare alle porte degli istituti di credito e che solo il 50% delle richieste è stato accolto interamente e il 21% per cifre inferiori a quelle necessarie. «E chi non ottiene il prestito cosa fa?», si chiede Giordano. «O chiude - ipotizza - oppure si rivolge a finanziarie con interessi altissimi o agli strozzini. C'è di che preoccuparsi.
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Il Gazzettino