Un funzionario Ater sotto inchiesta per una serie di appartamenti a canone semi-libero che sarebbero stati affittati senza seguire le procedure, a canoni più bassi del dovuto,...
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A dare il via all'indagine penale è stato un esposto nel quale si fa riferimento ad una serie di immobili dati in locazione tra il 2008 e il 2013, con procedure asseritamente irregolari. Sotto inchiesta è finita la gestione di quella che, all'interno di Ater, viene definita "area commerciale", ovvero gli appartamenti dati in affitto a canone semi-libero: una parte dell'attività a cui si dedica l'Ater, che per il resto gestisce numerosi immobili a canone sociale, riservati alle persone meno abbienti. La gestione degli appartamenti a canone sociale è da tempo tutta informatizzata: tutti i dati relativi agli inquilini sono facilmente consultabili e incrociabili, cosa che non è ancora possibile fare per le locazioni a canone semi-libero. Tanto che lo stesso presidente dell'Agenzia, Alberto Mazzonetto, in più di un'occasione ha contestato la mancanza di trasparenza su questo fronte, chiedendo di poter verificare le autocertificazioni presentate dagli aspiranti inquilini. Lo stesso Mazzonetto, poco dopo aver assunto la presidenza dell'Ater, aveva trasmesso alcune segnalazioni alla procura della Corte dei conti che, sulla base degli elementi raccolti ha avviato alcune indagini per danno erariale.
Ora tutta la documentazione acquisita dagli uomini delle Fiamme Gialle dovrà essere analizzata: poi spetterà al pm Terzo tirare le fila delle indagini, dopo aver sentito i vari inquilini (almeno una decina) che, secondo le ipotesi, avrebbero ottenuto l'appartamento in locazione grazie ad un "aiutino" dall'interno dell'ente. Le ipotesi d'accusa formulate dalla Procura sono di corruzione, falso e truffa. Gli inquirenti, ritengono, insomma, che pur di ottenere gli appartamenti Ater in locazione, qualcuno avrebbe anche pagato una "mazzetta", ma non è chiaro se e quali elementi di prova siano già in mano alla Finanza.
Zane, assistito dall'avvocato Giuliano Marchi, davanti alla Procura della Corte dei conti, che gli ha già contestato una serie di contratti, ha respinto ogni addebito e si è difeso sostenendo di aver applicato i canoni all'epoca vigenti (quelli più alti deliberati dall'Ater erano stati "bocciati" dalla Regione) e di essersi limitato ad eseguire le indicazioni dei suoi superiori, non essendo un dirigente, ma avendo soltanto la qualifica di funzionario.
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Il Gazzettino