BRUXELLES - La Grecia annuncia che non ripianerà il suo debito con il Fondo Monetario internazionale. Il governo di Atene non sarà infatti in grado di pagare le rate del...
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Secondo molti osservatori, se la Grecia non fosse nell'Eurozona, con questa esposizione nei confronti del Fondo, avrebbe già fatto la fine dell'Argentina di qualche anno fa. Ma lo scenario è come noto radicalmente diverso. In gioco, infatti, non c'è solo il default di un Paese ma la cosiddetta Grexit, con gli effetti sulla tenuta dell'intera area della moneta unica. Non a caso, dopo l'annuncio dell'insolvenza nei confronti del Fondo, il ministro delle Finanze, Yannis Varoufakis, lancia un messaggio inequivocabile a Bruxelles e a tutte le cancellerie europee: «L'uscita della Grecia dalla moneta unica sarebbe l'inizio della fine per il progetto dell'euro. Se ci si trova in un'unione monetaria - aggiunge - uscirne è catastrofico». Quasi come dire che siamo tutti nella stessa barca. E che nessuno possa pensare di risolvere il problema greco facendo pagare il prezzo di un accordo al solo governo di Atene.
«Una volta che si mette nella testa degli investitori che l'euro non è indivisibile - aggiunge il ministro greco - è solo una questione di tempo prima che tutto inizi a disfarsi. La Grecia ha fatto enormi passi avanti raggiungendo un accordo. Spetta ora alle istituzioni fare la loro parte. Noi - spiega parlando delle trattative in corso - li abbiamo 'incontrati' a tre quarti del percorso. Ora devono venirci incontro loro nell'ultimo quarto del cammino».
Insomma, ancora il braccio di ferro che estenuante va avanti da mesi, con Atene che ripete di non poter più accettare altre politiche di austerità, e chiede più tempo. E i suoi interlocutori che spingono per ottenere fatti concreti.
Tuttavia, il tempo stringe sul serio: la settimana prossima il governo è chiamato a pagare salari e pensioni, quella dopo era prevista la restituzione dei soldi al Fondo. Mercoledì il premier Alexis Tsipras è atteso a Bruxelles per un'audizione al Parlamento europeo. Quindi giovedì e venerdì occhi puntati a Dresda, dove si riunisce il G7 economico che stavolta di fatto sarà la riunione del club dei grandi creditori di Atene.
I timori sull'incapacità della Grecia di onorare i propri debiti puntano soprattutto sulla tenuta dell'Eurozona e sui rischi di contagio, con spinte cioè all'uscita dall'euro anche di altri Paesi. Sullo scenario geopolitico, poi, si teme che uscita dalla moneta unica la Grecia si avvicini alla Russia mutando gli equilibri globali, come mostra anche nell'attenzione dell'amministrazione Usa. La capacità del paese di onorare le rate al Fondo monetario, dunque, sarà osservata con grande attenzione e non sono escluse turbolenze.
Va però segnalato che, rispetto alle tensioni di cinque anni fa sulla Grecia, negli sviluppi più recenti del negoziato sul debito - anche quelli più drammatici - i mercati sembrano aver sempre reagito con più calma. La prima domanda sui mercati è dunque quella dell'euro e la calma che offrono giorno dopo giorno sembra così offrire un doppio messaggio: non credono che alla fine la Grecia davvero lascerà la moneta unica, o non ne vedono un impatto drammatico, avendo già digerito bene con il default del 2012 un 'haircut' (il taglio dei rimborsi sui titoli di stato) del 50%. La terza ipotesi è che si prospetti in realtà un'alternativa 'mista' sul filo di lana, o meglio di carta: Atene potrebbe infatti ricorrere a emissioni in moneta parallela, in pratica dei 'pagherò', con cui pagare stipendi e pensioni, imponendo però - per traghettare il paese fuori dalle secche - inevitabili controlli alla circolazione dei capitali, visto il fuggi-fuggi che scatterebbe tra i cittadini greci. I default sovrani, l'incapacità degli stati di pagare i propri debiti, sembrano comunque eventi ricorrenti nella storia.
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Il Gazzettino