IL CASOROMA Nel picco della seconda ondata dell'epidemia di Covid le Regioni stanno cercando di accelerare nell'istituzione delle Usca (Unità di continuità assistenziale) che,...
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ROMA Nel picco della seconda ondata dell'epidemia di Covid le Regioni stanno cercando di accelerare nell'istituzione delle Usca (Unità di continuità assistenziale) che, stando ai tempi previsti dal decreto di marzo, avrebbero dovuto essere attivate a 10 giorni dall'entrata in vigore della legge. Non tutte le Regioni sono in regola e, soprattutto, i sindacati dei medici di Medicina generale denunciano che spesso le Usca vengono usati per compiti che nulla hanno a che fare con l'assistenza domiciliare.
La Corte dei conti ha bacchettato le Regioni spiegando che la media delle Usca a livello nazionale era inferiore al 50%. Ieri il presidente dell'Ordine dei medici di Roma Antonio Magi riprendendo i numeri dei giudici contabili, ha aggiunto che «in Italia sono state fatte 610 Usca sulle 1200 previste dalla legge». Intanto il sindacato medici italiani ha fornito i dati di alcune Regioni che dicono come in effetti siano stati fatti dei passi avanti per recuperare il forte ritardo: in Calabria 1 Usca ogni 100 mila abitanti (anzichè 50 mila); in Campania 1 ogni 200 mila abitanti; in Umbria, Friuli, Piemonte, Liguria, Emilia, Basilicata, il risultato è stato raggiunto; in Toscana più Usca dello standard nazionale: 1 ogni 30 mila abitanti; in Puglia stanno partendo solo ora.
Graz.Me.
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Il Gazzettino