Una bimba di due anni e mezzo è rimasta paralizzata ed epilettica dopo un parto prematuro. Ci sono voluti due anni per avere una diagnosi e riconoscere i danni causati da...
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La piccola è figlia di due immigrati. La madre, che ha già avuto due aborti in passato, rimane incinta con la fecondazione assistita. Avrà una minaccia d'aborto che si risolverà spontaneamente, poi il 16 agosto viene ricoverata alle 8 del mattino perchè la bimba rischia di nascere alla trentunesima settimana. Nella denuncia si rileva che i tracciati della prima ora «appaiono sicuramente non rassicuranti, in assenza di valide contrazioni uterine». E che quelli delle ore successive «appaiono francamente suggestivi di distress fetale». Secondo i genitori, i medici non intervengono, se non alle 12.41 con taglio cesareo d'urgenza. A tre minuti dalla nascita, la piccola diventa cianotica e c'è bisogno di somministrarle ossigeno.
Nella querela si evidenzia che non vengono fatti ulteriori esami, come un prelievo di sangue arterioso. Il primo giorno la neonata «manifesta tutti i sintomi di un gravissimo distress respiratorio, quali ristagno gastrico, vari episodi di desaturazioni e bradicardie, episodi di apnea, ma inspiegabilmente - si legge nella querela - non viene applicato alcun protocollo né di rianimazione immediata, né dopo, con una risonanza magnetica e un'ecografia cerebrale».
Secondo la famiglia nell'immediatezza non sarebbe stato fatto nulla, il distress respiratorio non sarebbe stato valutato correttamente e la gravità delle lesioni cerebrali è stata evidenziata soltanto a distanza di due anni: la bambina è rimasta paralizzata completamente ed è epilettica. La famiglia la sottopone a terapie continue in una struttura specializzata. Attraverso altri genitori che si sono ritrovati nelle stesse condizioni è venuta in contatto con gli avvocati Chiara Rinaldi e Francesca Giardini di Bologna, specializzate in casi di mala sanità e che hanno avviato la causa contro l'ospedale di Pordenone.
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Il Gazzettino