«Arriveranno anche a me...»

«Arriveranno anche a me...»
Quando chiama il senatore, Angelo Bianchi scatta. Telefonata del marzo 2014: «Ingegnere», esordisce Mantovani. «Sono sull'attenti», risponde prontamente il funzionario. Del...

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Quando chiama il senatore, Angelo Bianchi scatta. Telefonata del marzo 2014: «Ingegnere», esordisce Mantovani. «Sono sull'attenti», risponde prontamente il funzionario. Del resto il vicepresidente della giunta regionale lombarda si è speso con generosità e in prima persona per il reintegro di Bianchi. Telefonate, incontri, pressioni. «Concussione», dicono i pm di Milano che hanno chiesto l'arresto di Mantovani. Il quale, restituendogli il posto al provveditore per le opere pubbliche in Lombardia e Liguria, si sarebbe garantito la sua sudditanza. «Basta un ordine e si fa», garantisce Bianchi che «si considera a disposizione di Mantovani». Il dipendente pubblico è ostracizzato all'interno del suo dipartimento, ma medita vendetta e si sfoga con Giacomo Di Capua, uomo di fiducia del senatore: «Io sono sempre in purgatorio, grasso e annoiato. Come i legionari di Massimo l'ispanico accampati alle porte di Roma».

Bianchi fa parte del sistema Mantovani. Non mazzette in cambio di appalti o posti di lavoro, ma di favori personali. Un cambio merci, insomma. Ed è così, secondo l'accusa, che si crea e si mantiene una rete di potere come quella del senatore, che da consigliere del paesello natio Arconate ha scalato le gerarchie di Forza Italia e del Pirellone. Senza trascurare l'attività imprenditoriale, un impero da 11 milioni e mezzo di euro nel settore delle residenze per anziani. Mantovani ha coperto un numero sufficiente di cariche per essere in grado di far pesare quella giusta al momento giusto. Così, quando si tratta di restituire il lavoro a Bianchi allontanato perché indagato per corruzione e turbativa d'asta (ora a processo a Sondrio), in veste di ex sottosegretario alle Infrastrutture fa leva sul provveditore Pietro Baratono e telefona al direttore generale del personale del ministero delle Infrastrutture Marcello Arredi. «Io la disturbo perché so che lei deve prendere qualche iniziativa per l'ingegnere che lei conosce», dice Mantovani. E suggerisce: «L'importante è lasciarlo lì, se no si fermerebbe buona parte di quel grande lavoro che io e lei abbiamo fatto, si ricorda?».
Il tono è perentorio, sottolinea il gip Stefania Pepe, e lo «strumento di pressione» è «prospettare la revoca delle convenzioni con il provveditorato da parte dei comuni che le avevano sottoscritte». Con l'ordine di servizio n.24 del 6 giugno 2012 viene disposta «la completa reintegrazione di Bianchi nei propri incarichi».

Un altro rapporto di vassallaggio creato da Mantovani, stando agli atti, è quello con l'architetto Gianluca Parotti, che dal '97 si occupa del «cospicuo patrimonio immobiliare del senatore». Praticamente gratis, si sfoga ogni tanto il professionista. In realtà ottenendo in cambio otto appalti tra cui la ristrutturazione del pronto soccorso di Magenta, «l'adeguamento strutturale e impiantistico» dell'ospedale di Voghera e gli arredi di Palazzo Taverna ad Arconate, progetto guarda caso conferito dal provveditore interregionale Angelo Bianchi. Parotti ha memorizzato il cellulare di Mantovani come ”W presidente” e si rivolge a lui con il nomignolo di ”Jhon”. Il 14 luglio 2014 gli investigatori sequestrano la documentazione degli incarichi conferiti all'architetto, Mantovani è preoccupato e in una conversazione intercettata lo stesso giorno nel parla con il consigliere regionale di Fi Claudio Pedrazzini, commentando anche la vicenda giudiziaria del governatore Roberto Maroni. «Arriveranno anche da me», è la fosca previsione del senatore. «Vedrai che gli trovano una roba da 20 mila euro da qualche parte e diranno che... c'è da fare le indagini». In realtà erano partite due anni prima e proprio intercettando Mantovani è scattata anche l'accusa di turbativa d'asta. Oggetto: l'appalto da 11 milioni di euro per il trasporto dei pazienti in dialisi. La Croce azzurra ticinia sponsorizzata dal vicepresidente della giunta è fuori dai giochi per una fidejussione imposta da direttore generale della Asl Walter Locatelli e lui chiama Giorgio Scivoletto, direttore della Asl 1 di Milano, secondo il quale «ci sono gli estremi» affinché la gara vada buca. In caso contrario, la ritorsione è già pronta. La promessa di Mantovani: «Escludiamo tutte le nostre associazioni e poi a Locatelli metto tutti gli esclusi sotto casa sua».
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Il Gazzettino