Antonio Liviero Qualche segno di speranza dai club nella prima parte di stagione.

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Antonio LivieroQualche segno di speranza dai club nella prima parte di stagione. Gli spunti più interessanti arrivano dall'attacco. In diverse partite delle coppe si è rivisto...

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Antonio Liviero
Qualche segno di speranza dai club nella prima parte di stagione. Gli spunti più interessanti arrivano dall'attacco. In diverse partite delle coppe si è rivisto il gioco veloce in prima fase accompagnato da buona tecnica di base, capacità di leggere lo spazio e di eseguire correttamente un due contro uno. Ha fruttato diverse mete senza bisogno di ricorrere ad estenuanti e monotone sequenze.

Gesti semplici e rapidi che riportano alla ribalta l'arte antica del gioco alla mano adattandosi a linee di difesa aggressive lanciate a cercare l'avversario nel suo campo. Con un po' di profondità gli attaccanti riescono però a ricavarsi un sufficiente margine di manovra a condizione di avere qualità e velocità di passaggio. Perché la palla per fortuna continua a viaggiare più veloce degli uomini. Una conquista nitida, una mediana svelta, il salto del primo centro, il 13 che si infila nel canale tra il diretto avversario e l'ala, il classico inserimento dell'estremo. A quest'ultimo la scelta finale leggendo il piazzamento dei difensori: se l'ala anticipa all'esterno allora lui attacca la linea convergendo sul compagno che ha la palla, se invece l'ala si accentra, l'estremo va a debordare in fascia.
Elementare, certo. Ma non troppo. Si vedono infatti in circolazione (ne discutevo qualche tempo fa a Oderzo con Rino Francescato guardando le immagini di All Blacks-Lions del glorioso tour del 71 ispirato dal carisma di Carwyn James) tantissimi Rambo pieni di muscoli, ma a mal partito con i fondamentali del gioco di linea.

In Francia inoltre si sta assistendo a una certa riscossa dei pesi leggeri a scapito dei chili. Clermont e Stade Toulousain viaggiano ai primi due posti della classifica con un rugby di movimento e ritmo fatto da trequarti talentuosi, specie nel triangolo esterno, che accelerano invece di rallentare per cercare il contatto. In particolare il Tolosa sembra tornato sui vecchi concetti della scuola di Villepreux e Skrela dopo aver lavorato per alcuni anni a sistemare i fondamentali nel settore giovanile e a gettare le basi sulla conquista, costituendo ad esempio un'accademia dei piloni di cui mi ha parlato con entusiasmo Leonardo Ghiraldini. Basi solide e fondamentali consentono allo Stade di riproporre pesi leggeri come Ntamak e Mermoz, Bezy e Holmes che ricorrono con grande complicità e ambizione alla cosiddetta intelligenza situazionale, sfidando in velocità (di gambe e di pensiero) i giganti. Vero che il Tolosa ha nella sua rosa anche possenti ball carrier e ali che sono torri come si conviene a un club che voglia tornare a vincere e non solo fare dello spettacolo. Però la tecnica e la ricerca dell'evitamento restano il comune denominatore. Ad esempio utilizzando il gioco al piede (dalle diagonali a tutta la gamma dei calci a seguire) per andare in meta con i lunghi e le loro prese aeree. Anche questo un mezzo per battere le difese con sequenze a bassa complessità che offrono un'alternativa all'overdose di impatti di cui sembra prigioniero il rugby. Vedremo se il Sei Nazioni nell'anno della Coppa del Mondo saprà raccogliere almeno in parte il prezioso testimone.
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Il Gazzettino