AMAREZZA VENEZIA «La Fenice icona di una crisi che ci riguarda tutti».

AMAREZZA VENEZIA «La Fenice icona di una crisi che ci riguarda tutti».
AMAREZZAVENEZIA «La Fenice icona di una crisi che ci riguarda tutti». Il patriarca Francesco Moraglia non è rimasto indifferente di fonte all'amarezza del sovrintendente...

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AMAREZZA
VENEZIA «La Fenice icona di una crisi che ci riguarda tutti». Il patriarca Francesco Moraglia non è rimasto indifferente di fonte all'amarezza del sovrintendente Fortunato Ortombina che ieri, in una intervista al Gazzettino, ha espresso il proprio dolore per questo nuovo incomprensibile stop alla attività del teatro e alla sofferenza dei 300 lavoratori della Fenice in cassa integrazione per due settimane. Ortombina ha anche espresso il proprio dispiacere per la città di Venezia, per questo inaspettato schiaffo alla sua cultura e alla civiltà. «Vedo ogni giorno negozi chiusi che non riapriranno - ha spiegato il sovrintendente -, il fatto che noi fossimo aperti era una speranza di ripresa per tutti». In un messaggio indirizzato a quanti svolgono, con differenti mansioni, la loro opera presso il Teatro La Fenice, Moraglia esprime vicinanza e solidarietà a tale specifica realtà cittadina, che ha incontrato lo scorso gennaio nel corso della visita pastorale, e a tutte le categorie che più stanno patendo gli effetti della pandemia in atto.

«Il Teatro La Fenice, cuore della cultura veneziana scrive il patriarca -, condivide con altre realtà del nostro territorio le gravi sofferenze conseguenti il tempo della pandemia e così diventa icona di una crisi che tutti ci riguarda». Moraglia pensa anche a coloro che vivono e lavorano nell'ambito del turismo, della ristorazione, delle realtà alberghiere e più in generale nei settori della cultura e dello spettacolo: «Dietro a tali realtà afferma - non vi sono soltanto dei numeri ma persone, famiglie, attività commerciali spesso piccole ma profondamente radicate nel nostro territorio». Il patriarca si appella al Governo, facendo proprie le speranze di Ottobrina che intende ripartire immediatamente dopo il fermo, il 25 novembre, scongiurando nuove proroghe senza senso, dato che in cinque mesi di attività la Fenice non ha avuto un caso di Covid tra il pubblico e ha avuto un solo caso tra i lavoratori che, dopo le due settimane di quarantena, è guarito ed è tornato al lavoro. A dimostrazione che in teatro si sta più sicuri che a casa: si sta fermi, distanziati con la mascherina e in silenzio. «Confido e chiedo che la politica, chiamata oggi a compiere scelte delicatissime, scrive Moraglia - sappia trovare le soluzioni più adeguate e soprattutto eque e così venire incontro alle legittime aspettative e alle tante sofferenze. Unicamente insieme, con coraggio, determinazione, intelligenza, sarà possibile ripartire. L'uomo ha bisogno anche di cibo spirituale; la cultura, la musica e il teatro non sono semplici svaghi o fughe dalla realtà. Come ebbe modo di dire san Paolo VI: La musica è la più immateriale e arcana espressione d'arte, che può avvicinare l'anima fino ai confini delle più alte esperienze spirituali e ha la sua grande parola da dire anche davanti al mondo di oggi () il compito tremendo e affascinante d'interpretarne le aspirazioni, le inquietudini, il brivido di Assoluto».
Daniela Ghio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino