Allarme specialisti: nessuno va in periferia

Allarme specialisti: nessuno va in periferia
TREVISO (m.f.) Ci sono pochi medici. Al Ca' Foncello, stando alle...

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TREVISO (m.f.) Ci sono pochi medici. Al Ca' Foncello, stando alle stime dei sindacati, ne servirebbero almeno un centinaio in più. Il punto è che sono difficili da trovare. Gli specialisti sono ormai merce rara e solo chi ha appena finito gli studi è disposto ad andare a lavorare in ospedali considerati periferici. L'allarme riguarda in particolare Montebelluna e Vittorio Veneto. Tanto che ora l'Usl sta aspettando quelli che usciranno a luglio dalla scuola di specialità. In tempi di crisi, meglio non farseli sfuggire. «Dobbiamo aspettare i prossimi diplomati. Perché loro sono disponibili ad andare da qualsiasi parte. Mentre gli altri non vogliono lavorare in realtà periferiche, come appunto Montebelluna e Vittorio Veneto allarga le braccia Francesco Benazzi, direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale questo non è un problema nostro o della Regione. Abbiamo già fatto diversi concorsi: si sono presentati in pochi e quei pochi li abbiamo assunti. Adesso usciremo con i bandi per accaparrarci i nuovi specialisti. Si è al limite». Proprio mentre l'Usl cerca nuovi camici bianchi, a fine giugno andranno in pensione due colonne del Ca' Foncello. Sono Paolo Pauletto e Zoran Olivari, rispettivamente direttori del dipartimento di Medicina interna e di quello Cardiovascolare. Professore ordinario a Padova, Pauletto ha legato il suo nome alla definitiva affermazione del Ca' Foncello come ospedale di insegnamento, che oggi conta sette unità clinicizzate. Ha diretto dal 2002 la struttura clinicizzata di prima Medicina, assumendo contemporaneamente la direzione del dipartimento. Olivari è a Treviso da 38 anni. Arrivò nel 1979 dall'università di Verona, come assistente cardiologo. Ha vissuto in prima persona tutta l'evoluzione della cardiologia trevigiana. Nel 2006 è diventato primario e nel 2012 ha assunto la direzione di tutto il dipartimento cardiovascolare. «Per loro un grazie è poco -conclude Benazzi- sono stati veramente due colonne della sanità trevigiana».

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Il Gazzettino