ALL'EX MACELLO Ceramica e natura. Si è aperta all'ex macello di via Cornaro

ALL'EX MACELLO Ceramica e natura. Si è aperta all'ex macello di via Cornaro
ALL'EX MACELLOCeramica e natura. Si è aperta all'ex macello di via Cornaro la mostra Impronte vegetali, un'esposizione che presenta opere prevalentemente in ceramica, nate...

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ALL'EX MACELLO
Ceramica e natura. Si è aperta all'ex macello di via Cornaro la mostra Impronte vegetali, un'esposizione che presenta opere prevalentemente in ceramica, nate sull'idea del rapporto tra natura e contesto urbano. Sono quindici gli artisti presenti: uno è padovano, Mara Ruzza, che è anche la curatrice della mostra. «I lavori sono una riflessione sulla natura e sull'ambiente urbano - spiega - La mostra sottolinea il grosso fermento dell'arte contemporanea, parla della natura, del paesaggio e del giardino in rapporto a ciò che ci circonda».

L'esposizione si apre con lo spazio dedicato al mito di Demetra, opera della veronese Carla Collesei, a sottolineare la vita e la morte, il pieno e il vuoto, la ciclicità delle stagioni. Seguono le opere di Annalia Amedeo, del gruppo Baum, di Fabio Ciancaglini, Carla Francucci, Evandro Gabrieli, Silvia Granata, Giovanni Maffucci, Mirna Manni, Sabine Pagliarulo, Marco Maria Polloniato, Attilio Quintili, Mara Ruzza, Vittore Tasca: artisti provenienti da regioni diverse, maestri della scultura in ceramica che dialogano sul rapporto tra natura e contemporaneità. «Una mostra di alto livello - la definisce Davide Banzato, direttore dei Musei Civici - che affonda le sue radici nel concetto dell'arte della ceramica che si ispira alla natura, un'arte antica che qui si sviluppa con tecniche diverse ma con un linguaggio omogeneo».

Le opere sono lavori frutto di esplosioni, affumicature, intarsi, smalti, bucchero, impronte a fuoco. In Impronte vegetali il visitatore non si trova davanti al ma tra il paesaggio, in una tensione vitale e spirituale dove la natura, spesso dimenticata e svilita, si ricompone nella sua forma originaria; nello spazio dell'ex macello, il chiuso si apre all'esterno con suggestioni e tracce vitali che guardano avanti, in alto, in una nuova concezione di paesaggio, intimo, personale, vero e propositivo. Un nuovo giardino è possibile, sembrano dire gli artisti insieme. «Forze, movimenti, ritmi si ritrovano nel giardino dove si riassapora la lentezza - conclude Ruzza - Il tempo non è sottoposto a pressione. Rispettando la spontaneità della natura, si modifica il ruolo del giardiniere che segue con più attenzione le istruzioni di spontaneità naturale, agendo il meno possibile, interpretando piuttosto le energie dei luoghi».
I.Th.
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Il Gazzettino