Alessandro, l'addio al cda di Benetton

Alessandro, l'addio al cda di Benetton
Alla fine ha deciso di tagliare tutti ponti e di mettere la parola fine alla sua esperienza nell'azienda che porta il nome della sua famiglia. Alessandro Benetton, 52enne figlio...

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Alla fine ha deciso di tagliare tutti ponti e di mettere la parola fine alla sua esperienza nell'azienda che porta il nome della sua famiglia. Alessandro Benetton, 52enne figlio di Luciano, imprenditore a capo di 21 Investimenti, ha lasciato il consiglio d'amministrazione di Benetton Group, l'azienda di abbigliamento che è stata all'origine delle fortune della dinastia trevigiana. La decisione è stata formalizzata alcune settimane fa dallo stesso Alessandro nel corso dell'ultimo consiglio d'amministrazione della società, ma si è cercato di mantenerla quanto più possibile sotto traccia: nessun comunicato, nessuna dichiarazione. Le ragioni sono facilmente intuibili: benché ormai Alessandro non avesse più alcun ruolo di primo piano nella United Colors (era rimasto ai margini anche nella recente scelta del nuovo presidente, Francesco Gori) il suo addio, o come dice qualcuno la fuga, dall'azienda di famiglia è un passaggio tutt'altro che facile da assorbire. Tanto sul piano dell'immagine per la Benetton stessa, quanto per i riflessi sui delicati equilibri interni alla famiglia di Ponzano Veneto alle prese con un complesso passaggio generazionale.

Alla base dell'uscita di scena ci sarebbero divergenze profonde e insanabili sulla riorganizzazione e le strategie di rilancio di United Colors. Alessandro non avrebbe condiviso l'impostazione decisa da Edizione, la holding del gruppo di famiglia guidata fino a qualche settimana fa dallo zio Gilberto, e focalizzata sul taglio dei costi e recupero di efficienza piuttosto che su nuovo modello di impresa e di creatività. Da qui la scelta di tagliare i ponti e lasciare anche il cda, dove continuano invece a sedere le cugine Franca Bertagnin Benetton, figlia di Giuliana e Sabrina, figlia di Gilberto.
Un epilogo che pochi avrebbero potuto immaginare quando il 24 aprile del 2012 Alesandro arrivò alla presidenza di Benetton group, dopo 47 anni di presidenza del padre Luciano. La seconda generazione della famiglia sul ponte di comando, per raccogliere la sfida di rinnovamento lanciata da concorrenti come Zara o H&M, che avevano fatto proprio il modello di moda di largo consumo su cui Benetton aveva costruito le sue fortune, aggiornandolo e rendendolo più efficiente. Invece quell'esperienza si rivelò ben presto più difficile e complessa del previsto. E si concluse infatti già nel maggio di due anni dopo con la decisione di Alessandro di lasciare la presidenza dell'azienda. Ufficialmente per dedicarsi di più a 21 Investimenti e ai suoi progetti, in realtà soprattutto per le forti divergenze strategiche che erano emerse all'interno del gruppo e della famiglia. Un primo passo indietro che anche simbolicamente fu segnato da scelte aziendali che sottolineavano il distacco tra l'azienda e il capofila delle nuove generazioni Benetton. Basti pensare all'abbandono del marchio Playlife per il quale Alessandro aveva fatto da testimonial con tanto di volume di ricordi per ripercorrerne la storia.

La Benetton che Alessandro lascia è un'azienda che è ben lontana dall'aver trovato un suo nuovo equilibrio. Guidata dall'amministratore delegato Marco Airoldi, ha chiuso il bilancio del 2015 con 46 milioni di perdita e fatturato in flessione e il 2016 non si annuncia di certo migliore. Forse anche questo ha convinto il figlio di Luciano a separare i suoi destini da quelli di United Colors. Ma la realtà forse è anche un'altra. Alessandro Benetton con la Benetton non ha mai davvero legato. «Qui mi sento in prestito», aveva commentato in una delle prime interviste da presidente del gruppo. Nessuno, allora, però pensava fosse così di parola.
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Il Gazzettino