Cosa ci fa un gruppo di ragazze nigeriane, vestite in maniera fin troppo chiassosa e disinvolta vicino al cavalcavia della stazione? È una domanda che si pone il consigliere di...
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«Ci vivo accanto tutti i giorni - spiega un'operatrice - dagli abiti, dalle telefonate continue, dalle uscite improvvise capisco che ci troviamo di fronte a un grande problema». Oltre al sospetto, due richieste di aborto all'interno delle strutture negli ultimi mesi del 2016 avevano fatto il resto, creando un grave caso di coscienza all'interno delle strutture trevigiane. L'osservatorio nazionale registra come in tre anni gli sbarchi di donne nigeriane e minori non accompagnati siano aumentati del 300%. A Treviso le strutture che ospitano donne migranti hanno cominciato a dare l'allarme, chiedendo alla Prefettura di bloccare gli arrivi. «Non vogliono integrarsi - confida un'operatrice - buona parte delle ragazze nigeriane diserta i corsi di italiano e le attività collettive. Escono la mattina con trucco pesante e rientrano la sera. Cosa facciano non si sa».
Che sfruttamento e accoglienza possano andare a braccetto risulterebbe qualcosa più che un sospetto da alcuni dati del numero nazionale antitratta: solo da gennaio ad agosto 2016, al numero verde fossero arrivate 147 chiamate dal Veneto, di cui 10 dalla provincia di Treviso. «Il fenomeno non è sconosciuto a nessuno - conferma il responsabile della Caritas don Davide Schiavon - E bisogna guardarlo con occhi obiettivi». Dalla provincia alla città, Acampora, consigliere di Fratelli d'Italia, spiega come «molti cittadini segnalino movimenti sospetti di donne di colore di fronte alla caserma Serena». E si arriva alla foto del cavalcavia di ieri. «Nel vedere queste ragazze vestite succintamente, truccate - chiude - qualche sospetto mi è venuto. E non sarebbe così strano visto l'esperienza di Fontanelle».
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Il Gazzettino