Al Lido di Venezia, alla 76ma Mostra del cinema, c'è una nuova Giulia Rosmarini. Intanto perché non è più la fidanzata, ma la moglie del direttore del festival Alberto Barbera, lei 32 anni, lui...
Promo Flash
4,99€
per 1 anno
79,99€
Leggi questo articolo e tutto il sito
- oppure -
1€ al mese per 3 mesi Tutti i vantaggi:
- Tutti gli articoli del sito, anche da app
- Approfondimenti e aggiornamenti live
- Le newsletter esclusive
Sei già abbonato? ACCEDI
OFFERTA SPECIALE
Giulia Rosmarini in Barbera, può presentarsi.
«32 anni, milanese, una laurea in Filosofia, un Master in Organizzazione e ideazione di eventi culturali alla Cattolica. Ho cominciato a lavorare nel settore della comunicazione dopo la laurea, a 23 anni. Ho fatto alcune esperienze di ufficio stampa, anche alla Biennale Cinema a Venezia, poi all'Expo 2015. E da lì sono passata a lavorare nell'agenzia aperta da Rossella Citterio, che dell'Expo era stata la responsabile stampa. Lavorare nella sua The Blink House è stata una grande scuola».
Ma a fine 2018 ha lasciato. Perché?
«Non era la mia strada. Anche perché la mia passione per i timbri cresceva sempre di più. Avevo iniziato tre anni prima con una linea da cucina, prendevo le tovaglie e le timbravo con dei simboli - animaletti, fiori, disegni geometrici. Alla fine del 2018 ho deciso di fare sul serio».
Ed è nata la sua linea di abbigliamento e accessori Tango Philosophy. Tango è il nome del suo cane?
«Sì, ce l'abbiamo a casa dei miei da dieci anni. Prima avevamo Samba, poi è arrivato lui e l'abbiamo chiamato Ombra. Finché, stanchi di spiegare che non era una femmina, uno dei miei due fratelli gemelli ha suggerito il nome Tango. In realtà lo chiamiamo anche l'Anarchico perché è incosciente, se lo porti in montagna si butta nei dirupi, ma se la cava sempre, senza un graffio. Ho pensato che il nome porti bene».
Dove sceglie i tessuti?
«In India. Ho deciso di usare tessuti di qualità e naturali. Ho conosciuto un produttore della regione del Kashmir, da lui mi sono fatta spedire pashmine e sciarpe. Che io decoro. Prima disegno i simboli. Oppure scelgo sagome già esistenti, spesso le modifico, le importo in un programma di grafica al computer e le spedisco a uno studio che taglia al laser pezzi di legno - acero, betulla - per farmi i timbri. I timbri di legno durano poco, un anno, però la resa è migliore».
E dalle sciarpe è passata ai vestiti?
«Sì, ho già fatto due collezioni. La prossima, autunno-inverno 2019/2020, contempla camicie in seta di palma in quattro colori con cuciture a contrasto, blazer di lana 100% con l'interno in mista seta di un altro colore, camiciole di seta senza maniche».
Che compra già fatte e poi decora?
«No, le faccio fare da una famiglia di sarti a New Delhi: scelgo i tessuti, faccio fare i prototipi - e non è semplice farsi capire perché il sarto non sa una parola di inglese - poi vengono prodotti i capi. Tutti di fattura artigianale. Una volta pronti, passo alla timbratura utilizzando colori non tossici».
Dove timbra?
«La mia vecchia camera da letto, un grande loft, che avevo a casa dei miei è diventata il mio laboratorio. Ho dovuto togliere dalle parete i poster di quand'ero ragazzina. Poster di cinema».
Che tipo di moda propone?
«Per una donna sicura di sé, che non ostenta, ma bada alla qualità. E al buon gusto. Non sono capi di fascia bassa, ma comunque accessibili».
Pensa di portarli a Venezia?
«Sì. Per ora li vendo on-line sul sito di Tango Philosophy, ma a Milano con un'amica che fa pantaloni abbiamo fatto tre temporary shop. L'anno prossimo vorrei aprirne uno a Venezia».
Sul red carpet al Lido vestita Tango?
«Certo. Ho portato 5-6 gonne a vita alta con la stampa Tango. Tranne che per la serata inaugurale quando ho indossato un bellissimo Armani blu che mi hanno regalato».
Ogni anno ai festival abiti nuovi o li riciclava?
«Riciclo, eccome».
Imprenditrice a 32 anni. È stato facile?
«La burocrazia è un problema. Per un giovane avviare un'impresa qui non è semplice. Io penso di essere stata privilegiata, se avessi dovuto essere autosufficiente a partire dai 25 anni credo che anch'io, come tanti, sarei andata via dall'Italia. Io credo che al nostro Paese, che è bellissimo per arte, cultura, storia e che amo profondamente, serva un cambio generazionale a tutti i livelli. Tanti nostri problemi sono simili al resto d'Europa. Tranne che per l'aspetto economico, in Italia è quello che pesa di più».
Da quanto tempo frequenta la Mostra del cinema di Venezia?
«Da 16 anni».
Di tutte le edizioni cosa le è rimasto nel cuore?
«Guillermo Del Toro presidente di giuria l'anno scorso. L'anno prima aveva vinto il Leone d'Oro con The Shape of Water. Mi ha emozionato incrociarlo la mattina al bar con i giurati, vedere quanta passione metteva in quello che stava facendo, lo spirito di squadra che aveva creato con la giuria».
Un anno fa era la signorina Rosmarini, adesso è la signora Barbera. A nozze celebrate, l'annuncio l'ha dato suo marito via Instagram postando una vostra foto con questo commento: Non so voi, ma io potrei sposarla una così... Beh, per chi non lo sapesse ancora, l'ho fatto. Quand'è che vi siete conosciuti?
«Qui a Venezia, ma l'anno non lo diciamo, che potrebbero volare piatti. Da allora non ci siamo più lasciati».
Colpo di fulmine?
«Per me sicuramente, anche per Alberto. La nostra è una storia molto semplice, di sentimenti e visione condivisi. Conduciamo una vita semplice, siamo molto low profile».
Il matrimonio quando?
«L'11 maggio a Milano, in Comune. Una data scelta perché non volevo che facesse troppo caldo, ci tenevo ad avere mia nonna che sta in Valtellina, anche se poi non è riuscita a venire».
L'abito da sposa un tailleur pantalone giallo, come mai?
«Sono andata a scegliere l'abito con mia mamma, non mi andava l'idea del lungo bianco. Come testimoni i miei due fratelli gemelli, Alberto i suoi figli, il rito l'ha celebrato una cara amica dei miei genitori e anche mia. Alla fine eravamo un centinaio».
Quand'è che Alberto Barbera le ha chiesto di sposarlo?
«Sotto Natale. Eravamo a Firenze, appena tornati in casa ospiti di un'amica dopo un giro in città. Alberto mi dice: allora ci sposiamo? Ho detto sì».
Il suo luogo elettivo.
«Il mare, sicuramente».
L'ultimo libro letto.
«Un gentiluomo a Mosca di Amor Towles».
Un capo di abbigliamento che non indosserebbe mai.
«Il piumino invernale lungo».
Il regalo più costoso ricevuto?
«Gli orecchini al matrimonio da parte di mia zia».
Come sta andando Venezia 76?
«Finora è una Mostra piena di sorprese positive. Sia per quanto riguarda le grandi produzioni, che non hanno deluso le aspettative, anzi, sia per le opere prime. La cosa che più mi ha impressionato però, a parte la qualità dei film che in questi anni ha mantenuto sempre un alto livello, è l'affluenza che non ho mai visto così alta. E da quello che sento, le vendite di biglietti e accrediti lo dimostrano».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino