Il quartier generale della disperazione è un albergo a due passi dall'autostrada. Qui i ragazzi sopravvissuti allo schianto vagano nella hall avvolti nelle coperte, gli sguardi...
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La morte piomba loro addosso senza alcun avviso, lo schianto contro il pilone, l'incendio che divampa, la fuga disperata. Agnesz ha sedici anni, una lunga coda di cavallo castana e zoppica. «Eravamo quasi tutti appisolati - racconta - è successo all'improvviso. Io ero seduta dietro, con gli altri compagni abbiamo provato a uscire dalle porte ma erano bloccate. C'erano le fiamme, il fumo, il panico. Qualcuno ha rotto i vetri e siamo scappati dai finestrini». Janos e Imre due ragazzi biondi di diciassette anni, anche loro erano seduti in fondo e si sono salvati. «Stavamo dormendo, lo schianto ci ha svegliati all'improvviso - raccontano - C'era molto fumo, siamo riusciti a scappare dai finestrini. Prima dell'incidente il pullman si è fermato in un autogrill vicino a Milano e lì i due autisti si sono dati il cambio». I primi a soccorrere gli studenti ungheresi sono stati i viaggiatori dell'A4, che si sono trovati di fronte a una scena infernale. «Ho visto gente che bruciava viva, sono immagini terribili che non potrò mai dimenticare - racconta un automobilista - Sono sceso e sono corso a vedere se ci fosse bisogno di aiuto. Sentivo urlare, la gente si metteva le mani nei capelli. C'era un paio di corpi che bruciava, ancora vivi». In una manciata di minuti le fiamme hanno avvolto il bus, mentre i ragazzi disperati in preda al terrore cercavano di fuggire. «Ho parlato con diversi di loro, ho contattato le loro famiglie con il mio cellulare - riferisce un altro viaggiatore - Avevano molte escoriazioni, ho visto giovani con tagli al volto e alle braccia. Mi hanno raccontato un po' la dinamica ma erano molto scioccati, spaventati e infreddoliti. Tutti sono saltati fuori dai finestrini: diversi ragazzi erano in maniche corte e abbiamo tentato di coprirli come potevamo. Io avevo due camicie e una coperta, altri viaggiatori si sono tolti la felpa che indossavano. Una scena spaventosa, molti piangevano disperati».
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Il Gazzettino