«Accordi rapidi e poche carte così la Serbia immunizza tutti»

«Accordi rapidi e poche carte così la Serbia immunizza tutti»
Il turno di Patrizio Dei Tos è fissato per martedì 16 marzo. «Mi sono prenotato sul sito, ho l'appuntamento alle 8 per la prima dose, ho scelto Pfizer», spiega il patron del...

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Il turno di Patrizio Dei Tos è fissato per martedì 16 marzo. «Mi sono prenotato sul sito, ho l'appuntamento alle 8 per la prima dose, ho scelto Pfizer», spiega il patron del gruppo Labor Legno di Cordignano, nonché numero uno di Confindustria Serbia. Tutto facile e veloce: l'imprenditore trevigiano si vaccinerà infatti a Sremska Mitrovica, dove ha sede lo stabilimento della sua azienda, inaugurato un paio di anni fa da Aleksandar Vui, il presidente della Repubblica che grazie ai suoi buoni rapporti con la Cina e con la Russia ha ottenuto considerevoli quantitativi di Sinopharm e Sputnik, in aggiunta a PfizerBiontech e AstraZeneca.

Non a caso la Serbia, con 25 somministrazioni ogni 100 residenti, stando al portale Our World in Data è seconda in Europa, fra il Regno Unito (34,6) e Malta (22,1). Conferma?
«Su 8 milioni di abitanti, oltre 1,5 milioni hanno già ricevuto la prima iniezione e circa 400.000 anche la seconda. Tanti imprenditori e manager italiani, che conosco, si sono già vaccinati, così come i miei 50 collaboratori».
Tutti con PfizerBiotech?
«I tre italiani sì, ma c'è libertà di scelta. Noi l'abbiamo preferito perché, viaggiando per lavoro, sappiamo che quello è già autorizzato in tutto il mondo. Perciò contiamo di esibire il certificato di vaccinazione e di non avere problemi all'ingresso».
Sarebbe il famoso passaporto vaccinale?
«Di fatto sì. La stessa Serbia, dopo averci immunizzati, non ci imporrà più il tampone all'arrivo».
Come spiega tanta efficienza?
«I serbi hanno la possibilità, e soprattutto la volontà, di comprare i vaccini. Hanno avviato la campagna ancora a dicembre, perché vogliono che l'economia vada avanti e in questo non guardano in faccia a nessuno».
Il virus però corre: con 25.947 casi negli ultimi sette giorni, secondo l'Oms, la Serbia è il sesto Paese per contagi nell'Europa centro-orientale.
«Ci sono stato due settimane fa ed effettivamente c'erano 3.500 positivi al giorno, tant'è vero che non mi sono arrischiato ad andare al ristorante. Poi però hanno anticipato il coprifuoco serale e i livelli sono scesi. Di giorno invece non ci sono restrizioni alle attività produttive, è tutto aperto. Piuttosto di fermare le imprese, spingono sulle vaccinazioni».
Forse perché agevolati dal fatto di non dover attendere l'ok dell'ente regolatorio europeo Ema? Oltretutto gli osservatori internazionali fanno notare che sul sito dell'agenzia serba del farmaco Alims appare solo l'autorizzazione per Pfizer.
«Indubbiamente i serbi hanno un accesso al mercato molto più diretto di noi. Vanno a trattativa senza troppa burocrazia, chiudendo rapidamente accordi bilaterali a prezzi normali e ottenendo ingenti donazioni dai cinesi».
Un esempio da seguire?
«Penso che la Serbia stia dando una grande lezione all'Ue: la burocrazia deve essere veloce. Se invece le carte diventano una scusante per i ritardi, crolla tutto».
Come valuta il tentativo delle Regioni, a cominciare dal Veneto, di esplorare il mercato?
«Da imprenditore dico che è inutile dare responsabilità ai governatori, per poi impedire loro di cercare soluzioni ai problemi. Allora tanto vale concentrare le responsabilità su una sola persona a Roma per tutta l'Italia».
E da industriale, come lavora fra l'Italia che arranca e la Serbia che invece accelera?

«Noto già due velocità. La domanda serba di materia prima è pazzesca, con aumenti dei prezzi anche del 30-40%, mentre il mercato italiano e quello europeo sono fuori ritmo, proprio a causa dei ritardi nella vaccinazione. Rischiamo di essere troppo lenti, mentre il resto del mondo sta già ripartendo. Ma spero di essere smentito a breve, con un'impennata di iniezioni anche qui».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino