A Roncade l'integrazione funziona «Ma lo Stato faccia la sua parte»

A Roncade l'integrazione funziona «Ma lo Stato faccia la sua parte»
Si occupano (gratuitamente) degli anziani, tengono puliti e in ordine gli alloggi in cui vivono, spendono (non loro, ma la cooperativa che li gestisce) i contributi che l'Europa...

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Si occupano (gratuitamente) degli anziani, tengono puliti e in ordine gli alloggi in cui vivono, spendono (non loro, ma la cooperativa che li gestisce) i contributi che l'Europa stanzia per il loro mantenimento nei negozi del territorio. Creando, nel loro piccolo, un indotto. A Roncade c'è l'esempio dell'integrazione che funziona. Quella dei profughi che, in attesa dei documenti che attestino il loro stato di rifugiati, sperimentano la vita nella Marca calandosi nella quotidianità di tutti i giorni. E rendendosi utili. A occuparsi di loro, ospitati negli appartamenti di Unindustria, è la Cooperativa Servire. La Fondazione Città di Roncade li segue nelle attività sociali che svolgono a titolo gratuito: «Così facendo - sottolinea il sindaco Pieranna Zottarelli - restituiscono in termini positivi l'ospitalità che ricevono».

Senza sbandierarlo troppo, Roncade ospita, a oggi, 26 profughi sbarcati sulle coste italiane. «E ne attendiamo a ore altri tre - prosegue il sindaco - A quel punto raggiungeremo il numero massimo». Naturalmente anche a Roncade c'è un continuo turnover: via via che ottengono i documenti, i giovani africani vanno per la loro strada. Nel frattempo però aiutano ad ambientarsi i nuovi arrivati, frequentano corsi di italiano e si rendono utili, occupandosi degli anziani, figure di cui, per loro cultura, hanno un grande rispetto.
Anche qui, però, si fanno i conti con le contraddizioni di un sistema che ha «scaricato sul territorio il rispetto per queste persone e per le loro sofferenze». La gente, dice il sindaco, ha però risposto con generosità e disponibilità. «Noi abbiamo dato il massimo - conclude - ora tocca anche ad altri fare la loro parte, in primo luogo allo Stato che sta gestendo molto male questa emergenza. Non è più concepibile che si impieghi oltre un anno per riconoscere o meno lo status di rifugiato politico». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino