«I vicini sono molto impauriti. Per questo abbiamo pensato di organizzare un incontro affinché possano conoscere i richiedenti asilo di persona». Francesca Dettori,...
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Il nome della via è tenuto top secret per evitare tensioni. Questione di sicurezza. Anche in questo caso i vicini non hanno preso benissimo la notizia. Ma la cooperativa non è rimasta con le mani in mano. E ha organizzato incontri con i residenti negli appartamenti che poi sarebbero stati occupati dai richiedenti asilo. Perchè, nel frattempo, sono già entrati. «I vicini sono impauriti - conferma Dettori - per questo abbiamo voluto che entrassero in quegli appartamenti e si sedessero sul divano che verrà usato dai profughi. Successivamente li faremo incontrare direttamente».
Il concetto è chiaro: si ha paura solo di ciò che non si conosce. E, se si riesce a risolvere questo, si possono far svanire anche i timori. I residenti non hanno nascosto tutte le loro perplessità. Un anziano si è chiesto: «Come farò adesso a uscire di casa?». Un altro temeva di poter essere spiato dai balconi che guardano in direzione delle sue finestre. La cooperativa ha cercato di rispondere a tutte le domande: «Lavoriamo per fare in modo che i ragazzi possano integrarsi e mettere radici».
La Esse, nata dalla fusione de "Il Sestante" e "Servire", ospita complessivamente un'ottantina di profughi. Molti dei quali in piccoli alloggi affittati a prezzo di mercato con i soldi derivanti dalla convenzione con la prefettura. Ora la coop ne sta cercando uno a Maserada per ospitare i cinque richiedenti asilo temporaneamente sistemati nella canonica di Candelù dopo aver dovuto lasciare il dormitorio comunale di Treviso per l'inizio dell'emergenza freddo. Una dimostrazione che l'accoglienza diffusa in appartamenti sparsi per la provincia non è una missione impossibile. C'è molto da lavorare. Bisogna mediare e limare i rapporti. È difficile. Ma non impossibile.
Nella Marca ormai si è visto di tutto: dai richiedenti asilo arrivati dai Balcani e nelle ultime ore accampati al gelo nella piazza dell'Appiani alla ribellione di luglio a Quinto contro la sistemazione dei 101 migranti nelle due palazzine diventata poi un caso politico. Ma per fortuna c'è anche altro. Il sistema di accoglienza diffusa che la prefettura sta disperatamente cercando di avviare per svuotare i grandi centri come l'ex caserma Serena, o almeno per non aprirne di nuovi, adesso è già in parte realtà grazie al lavoro di cooperative come La Esse. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino