Due Carrare. Vittorio Sgarbi condannato per diffamazione, il sindaco Davide Moro: «Può ancora chiedere scusa»

Il sottosegretario alla Cultura aveva dato del criminale al primo cittadino in varie occasioni per la questione relativa all'area classificata commerciale di fronte al Catajo

Davide Moro, Vittorio Sgarbi
DUE CARRARE (PADOVA) - «Comunque la mia richiesta di scuse è ancora valida». Non usa mezzi termini il sindaco di Due Carrare, Davide Moro, rispetto alla...

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DUE CARRARE (PADOVA) - «Comunque la mia richiesta di scuse è ancora valida». Non usa mezzi termini il sindaco di Due Carrare, Davide Moro, rispetto alla condanna da parte del Tribunale di Enna a Vittorio Sgarbi per diffamazione continuata e aggravata, con recidiva specifica e infraquinquennale. «Delle scuse non sarebbero sgradite, anzi quasi dovute. Ma ancor più sarebbe stato un bel gesto dare sostegno economico ai Servizi Sociali del nostro Comune. Peccato per questa occasione persa».

Cosa è successo

Se il primo cittadino nel 2017 si è sentito dare del "criminale" dal critico d'arte attuale sottosegretario al Ministero della Cultura su più media in rete, i suoi chiarimenti poco erano valsi rispetto al fatto che non fosse stata la sua amministrazione a classificare "Commerciale" l'area di fronte al Castello del Catajo. Ne era scaturita una querela per diffamazione all'indirizzo di Sgarbi da parte del sindaco Moro, che si è costituito parte civile con l'avvocato Alessandra Milani, per giungere dopo numerose udienze alla sentenza che ha riconosciuto la penale responsabilità di Sgarbi per il reato contestato, condannandolo alla pena di 9mila euro di multa e al risarcimento dei danni nei confronti del primo cittadino da liquidarsi in sede civile, oltre all'oscuramento dei video incriminanti su tutte le piattaforme che li avevano diffusi. «Ora parte una causa civile per la quantificazione dei danni, ma mi posso già dire parzialmente soddisfatto - segnala il sindaco - perché questi 9mila euro sono una multa cospicua se pensiamo che solitamente lo standard si aggira intorno ai mille euro per fatti di questo genere. Quando ho sporto querela, trattandosi di un reato avvenuto in rete, mi sono dovuto affidare al Tribunale in cui l'imputato aveva la residenza: Enna. Questo ha rallentato i tempi, nonostante la precisione e puntualità dei giudici che se ne sono occupati. Il paradosso è venuto poi, quando ci è stato segnalata la scomodità per l'imputato di avere un processo ad Enna e ci veniva chiesto di trasferirlo a Padova. Non abbiamo accettato». Un segnale di stop alla violenza verbale? «La cronaca ci mostra reati ben più gravi che vanno perseguiti con velocità e senza indugio, ma credo vada messo un punto fermo tra quello che è lecito ed illecito fare anche nelle parole. Attacchi personali ed offese gratuite e infondate non sono tollerabili».

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Il Gazzettino