Bloccato il vitalizio a Chisso: prima deve restituire 2 milioni

Bloccato il vitalizio a Chisso: prima deve restituire 2 milioni
La Regione Veneto non deve liquidare a Renato Chisso né il trattamento di fine mandato, né il vitalizio: quelle somme, infatti, rientrano nella confisca disposta al momento del...

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La Regione Veneto non deve liquidare a Renato Chisso né il trattamento di fine mandato, né il vitalizio: quelle somme, infatti, rientrano nella confisca disposta al momento del patteggiamento per lo scandalo Mose, così come gli ulteriori introiti futuri, fino all’ammontare complessivo di 2 milioni di euro, confermato poche settimane fa dalla Cassazione.




Il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Massimo Vicinanza, ha fornito questa indicazione agli uffici di Palazzo Balbi che, nei giorni scorsi, avevano scritto al Tribunale per sapere come comportarsi. Un risposta in merito al trattamento di fine mandato era già stata fornita qualche settimana fa, tant’è che i 96 mila euro spettanti all’ex assessore, (consigliere regionale per ben 4 mandati consecutivi dal 1995 in poi) non sono stati mai erogati, scatenando le ire del difensore di Chisso, l’avvocato Antonio Forza, il quale contesta la legittimità del mancato pagamento.



Ora la Regione avrebbe dovuto iniziare ad erogare il vitalizio all’ex esponente di Forza Italia, circa 6mila euro lordi al mese, ma sulla base della risposta pervenuta dagli uffici giudiziari anche questa somma resterà "congelata", in attesa del sicuro ricorso della difesa di Chisso, intenzionata a dare battaglia in ogni possibile sede per poter mettere mano su quei soldi. Soltanto quando ci sarà una decisione definitiva, la Regione potrà versare il denaro allo Stato.



La questione è molto interessante in diritto. Mentre ad altri imputati dello scandalo Mose, come l’ex Governatore Giancarlo Galan, la Procura è riuscita a sequestrare alcuni beni, e di quei beni è stata poi disposta la confisca, a Chisso non è stato posto sotto sequestro nulla, in quanto nulla è stato rinvenuto (a parte 1500 euro). Dunque la confisca riguarda il futuro, ovvero tutte le somme di cui, dal passaggio in giudicato del patteggiamento in poi, Chisso dovesse entrare in possesso. La difesa aveva sostenuto nel ricorso in Cassazione che non è possibile effettuare confische su introiti futuri, ma la Suprema Corte, alla fine di luglio, ha detto che è legittimo e si può fare. La difesa eccepisce che è possibile sequestrare (e confiscare) soltanto ciò che è riconducibile al prezzo o profitto del reato (nel caso specifico la corruzione), ma i giudici ribattono che si tratta di un sequestro per equivalente, e dunque fino all’ammontare di due milioni di euro possono essere confiscati anche beni acquisiti in maniera legittima, non soltanto quelli provento di reato. Ma non basta. Chi pensava che il vitalizio potesse essere confiscato soltanto in parte (fino al massimo di un quinto) si sbagliava: alla Regione è giunta l’indicazione che si può fare per l’intero, in quanto si tratta di una sanzione, non di un debito. In questo modo per Chisso non sarà facile sbarcare il lunario da oggi in poi, considerato che ha sempre negato di avere un tesoro nascosto. La battaglia giudiziaria è soltanto all’inizio.



Chisso ha patteggiato la pena di due anni, sei mesi e venti giorni di reclusione per il reato di corruzione, in relazione a somme di denaro che avrebbe ricevuto dal Consorzio Venezia Nuova. Dall’autunno del 2014 l’ex assessore si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Favaro Veneto, con il divieto di colloquio con estranei, a differenza di Galan che non può uscire, ma può telefonare e ricevere chi vuole nella sua villa di Cinto Euganeo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino