Coronavirus. La protesta dei baristi: «Riapriamo, ma è impossibile rispettare le distanze»

Avventori in un bar di Rovigo
Coronavirus a Rovigo. Sono circa le 10 del mattino, due coppie di anziani si incontrano sul Corso. Prima si avvicinano per salutarsi, poi indietreggiano. Prendono le distanze....

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Coronavirus a Rovigo. Sono circa le 10 del mattino, due coppie di anziani si incontrano sul Corso. Prima si avvicinano per salutarsi, poi indietreggiano. Prendono le distanze. Qualche attimo di incertezza. «Ciao, che piacere rivederti - rompe il ghiaccio uno di loro - ma facciamo come dicono in televisione: niente baci. Te lo mando».

Questa è solo una delle tante scene cui si poteva assistere ieri in centro, a poche ore del nuovo decreto ministeriale diretto a contenere i contagi da coronavirus. La città ieri mattina, a 11 giorni di distanza dall’inizio dell’emergenza, si è trovata a fare i conti con una nuova limitazione, ossia il rispetto del cosiddetto droplet, la distanza di sicurezza per evitare che le goccioline di saliva potenzialmente infette si disperdano nell’aria fino ad arrivare a contagiare l’interlocutore. Il nuovo limite, non più affidato al buon senso individuale, ma da ieri per bar e ristoranti nero su bianco nel nuovo decreto, ha però messo ulteriormente in difficoltà gli esercenti, chiamati a servire i loro clienti solo al tavolo, mantenendo la distanza di almeno un metro.
GLI ESERCENTI
«Un’impresa irrealizzabile - spiegano Enrico e Aser Portesan del Caffè Nazionale - la distanza di un metro non ce l’abbiamo quasi nemmeno dal bancone ai tavolini. Non capisco come possiamo rispettare questa regola. Ci troviamo con i bar semivuoti, se poi facciamo entrare un cliente alla volta facevano prima a dirci di chiudere. Non ho parole per commentare un simile provvedimento».
«La maggior parte dei bar del centro - spiega Emanuela Marcello del caffè Fuori dal Comune - hanno spazi ridotti, se non prendono il caffè al bancone, non entrano nemmeno». Sul divieto di affollamento dei locali, aggiunge che «ormai la gente se scorge attraverso la vetrina più di tre clienti all’interno, non entra. C’è chi va alla ricerca di un locale semivuoto per prendere un caffè o chi attende fuori che qualcuno esca per potere entrare. Una situazione surreale che ci sta mettendo in ginocchio».
«La pioggia non ci aiuta - commenta Paolo Lorenzi del Caffè Dersut - la gente ha voglia di uscire, anche se non è caldo mi chiedono di fare colazione o prendere l’aperitivo nel plateatico esterno, all’aria aperta si sentono più sicuri. Se però è brutto tempo, rinunciano. Anche oggi la città è desolante, ma è così in tutto il Nord Italia».
LE LIMITAZIONI
C’è poi chi, ieri mattina a Gocce di miele, per sottolineare l’impossibilità a rispettare all’interno della propria attività la distanza di sicurezza indicata dal decreto, ha servito ironicamente le prime colazioni su un vassoio posto su una pala. «Impossibile lavorare in questo modo», l’appello corale dei baristi e dei ristoratori della città, preoccupati per la moria di clienti di questi giorni. Il decreto emanato domenica dal Consiglio dei ministri, assieme all’apertura controllata di musei e biblioteche (esclusi i cinema), include limitazioni nell’afflusso ai luoghi di esercizio pubblico dando il via libera nella zona gialla, come appunto il Polesine, “allo svolgimento delle attività di ristorazione, bar e pub a condizione che il servizio sia espletato per i soli posti a sedere e che tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali, gli avventori siano messi nelle condizioni di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro».
PIÙPERSONE IN GIRO
Limitazioni che unite alla forte diminuzione di persone che escono di casa per paura di un possibile contagio da coronavirus, rischiano di mettere in ginocchio le attività commerciali della città. Anche se ieri mattina, rispetto alla settimana scorsa, il centro sembrava avere riacceso i motori con un po’ più di grinta. Molti hanno deciso di uscire di casa per recarsi in ufficio e chi a fare la spesa o in farmacia. Qualcuno ha anche deciso di indossare la mascherina. La gente sembrava avere preso confidenza con le nuove regole che consigliano la distanza. Per esempio, lungo i marciapiedi del Corso c’era chi arrestava qualche secondo per attendere lo slittamento di un ingorgo di pedoni e chi raggiungeva il parchimetro solo una volta libero, senza mettersi in fila per il ticket.
SUPERMERCATI

Clima insolito anche all’interno dei supermercati, dove i clienti evitavano di avvicinarsi troppo con i carrelli e di parlare per non respirare e disperdere goccioline di saliva potenzialmente contagiose. Più serene le cassiere, da giorni ormai in prima linea nonostante l’emergenza. Accanto alla cassa, disinfettante per le mani e per le superfici, ma niente mascherina. In mancanza di sintomi influenzali, non è indicata. La distanza di un metro? Anche qui difficile da rispettare. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino