Pordenone. Sospetta violenza sessuale, fa nove mesi in cella e ora arriva l'assoluzione

Il pm decide per 5 anni e 4 mesi di reclusione ma alcune evidenze dell'avvocato cambiano la sentenza: "il fatto non sussiste"

Pordenone. Sospetta violenza sessuale, fa nove mesi in cella e ora arriva l'assoluzione
PORDENONE - Nove mesi di custodia cautelare in carcere per una presunta violenza sessuale aggravata dalla minaccia con un coltello e ieri l'assoluzione. Mohammed El...

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PORDENONE - Nove mesi di custodia cautelare in carcere per una presunta violenza sessuale aggravata dalla minaccia con un coltello e ieri l'assoluzione. Mohammed El Kamouni, 31 anni, marocchino, all'epoca ospite di un parente a San Vito al Tagliamento, ieri è stato processato con rito abbreviato nell'udienza preliminare del gup Monica Biasutti. Il pm Monica Carraturo aveva concluso per una condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione, ma le lacune evidenziate dall'avvocato Cristian Buttazzoni hanno portato il giudice verso un'assoluzione con formula dubitativa, perché il fatto non sussiste, e alla scarcerazione immediata dell'imputato.

LA VICENDA

Era stata la donna, circa 50 anni, a rivolgersi ai carabinieri. Aveva cercato una stanza in affitto su subito.it e si era accordata con El Kamouni per visitare l'immobile. Si erano dati appuntamento la sera del 31 agosto. Dopo aver scambiato qualche messaggio con El Kamouni sul sito di annunci, i contatti si erano spostati su messanger e si erano accordati per la visita della stanza. Appuntamento al Bar Pashà della stazione ferroviaria di San Vito al Tagliamento. Da lì avevano raggiunto in bicicletta un magazzino, ma una volta all'interno dei locali, che peraltro non sono di proprietà del 31enne, secondo l'accusa l'uomo avrebbe spento la luce ed estratto un coltello. El Kamouni, secondo la testimonianza della vittima, le avrebbe puntato l'arma alla gola costringendola a subire violenza sessuale.

LE INDAGINI

Per gli investigatori El Kamouni era un perfetto sconosciuto: non risultava aver contatti in provincia di Pordenone, aveva avuto una residenza a San Daniele, ma era stato cancellato dall'Anagrafe perché irreperibile. Le indicazioni fornite dalla vittima sono state fondamentali e, soprattutto, avrebbero trovato puntuale riscontro. Ricordava come l'uomo era vestito, ricordava il luogo in cui l'aveva accompagnata e la disposizione dei locali in cui affermava di essere stata aggredita. Era stata in grado di indicare anche alcuni suppellettili. Dal sistema di videosorveglianza del Bar Pashà i carabinieri aveva estrapolato alcuni fotogrammi dell'incontro tra i due: l'uomo era vestito esattamente come aveva indicato la vittima. La donna aveva anche consegnato ai carabinieri il coltello utilizzato per minacciarla: l'aveva tenuto nella borsetta. Il fermo di El Kamouni era avvenuto a San Vito.

LA DIFESA

La Procura ha chiesto di processare l'imputato con giudizio immediato, ma l'avvocato Buttazzoni ha fatto istanza di abbreviato condizionato a un confronto con la parte offesa e una perizia sul coltello per esaminare le impronte digitali. Due condizioni che il giudice non ha ritenuto di accettare, tanto che ieri il caso è stato discusso soltanto sugli atti processuali. La difesa ha insistito su alcune incongruenze: la stanza era al buio, in pronto soccorso alla donna non erano state riscontrate lesioni e non era possibile comprendere se l'imputato avesse effettivamente afferrato il coltello a causa di chissà quante contaminazioni su lama e manico. Nel corso delle indagini - come precisa Buttazzoni - era stata respinta anche la richiesta di incidente probatorio sul coltello.

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Il Gazzettino