Giovane costretto a fare sesso, anche di gruppo, dai suoi titolari: due impresari edili a processo

Tribunale
VENEZIA - Le accuse, mosse a vario titolo dal pubblico ministero Giorgio Gava, sono di violenza sessuale di gruppo in concorso e aggravata, tentata violenza sessuale di gruppo e...

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VENEZIA - Le accuse, mosse a vario titolo dal pubblico ministero Giorgio Gava, sono di violenza sessuale di gruppo in concorso e aggravata, tentata violenza sessuale di gruppo e tentata violenza privata. 

Imputati, un cinquantatreenne impresario dell'Alta Padovana e un suo dipendente, 51 anni, residente nella prima terraferma Veneziana. La vittima? Un loro collega di lavoro, un ventiseienne anche lui residente in un comune dell'Alta Padovana, ora parte civile nel processo aperto ieri di fronte al tribunale Collegiale di Venezia. Perché i fatti, la violenza sessuale, così come il tentato abuso e le parole dette dall'impresario per far tacere il ventiseienne e indurlo a non denunciare, hanno tutte come unico teatro gli alberghi del centro storico veneziano.
L'ABUSO
La storia la racconta in maniera dettagliata il capo d'imputazione dal quale l'impresario e il suo dipendente dovranno difendersi, ora che il dibattimento è entrato nel vivo. I fatti si sono svolti il 6 e l'8 aprile del 2017, nel periodo nel quale la ditta dell'Alta Padovana stava portando a termine dei lavori di ristrutturazione all'interno di alcune camere di un hotel nel sestiere di Santa Croce. 
Il primo approccio, quello che nel capo d'accusa è contestato come violenza sessuale di gruppo, avviene il 6 aprile. I tre stanno lavorando in una delle stanze da riportare a nuovo, quando il cinquantatreenne datore di lavoro butta sul letto della camera il suo dipendente più giovane. La denuncia del ventiseienne racconta che mentre l'impresario lo teneva bloccato sul letto con il viso schiacciato sul cuscino, il collega di lavoro cinquantunenne abusava di lui con un rapporto sessuale completo. Dopo aver lasciato che il collega più anziano violentasse il giovane padovano, il datore di lavoro, rivolto alla vittima, lo minacciava di non raccontare nulla: «Devi stare zitto e non parlare con nessuno, altrimenti ti licenzio e te la faccio pagare, so dove abiti», la frase contestata dalla procura lagunare nell'accusare l'impresario padovano di tentata violenza privata. Minacce che però non sortivano l'effetto sperato dal momento che circa un anno dopo, il ventiseienne si era rivolto alla polizia giudiziaria denunciando tutto.
IL SECONDO TENTATIVO
Un altro approccio il cinquantatreenne padovano e il cinquantunenne veneziano, l'avevano provato due giorni dopo, l'8 aprile 2017. 
Quella sera il ventiseienne era stato chiamato nella stanza d'albergo del collega di lavoro e lì il datore di lavoro lo aveva spinto ad avere un rapporto orale con l'altro dipendente: «Se non fai sesso con lui - la frase - non ti pago e riferisco tutto ai tuoi parenti».

Nicola Munaro
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Il Gazzettino