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PORDENONE - Due procedimenti distinti, ma con le stesse ipotesi di reato - maltrattamenti in famiglia - si sono chiusi ieri davanti al gup Rodolfo Piccin (pm Monica Carraturo) con altrettante condanne in abbreviato a due anni e otto mesi di reclusione ciascuno. Due uomini, uno cittadino marocchino l'altro italiano, che dovevano rispondere dell'accusa di aver vessato mogli e figli minorenni, rendendo loro la vita impossibile. Gli inquirenti hanno ritenuto che entrambe le situazioni fossero così gravi da far scattare il Codice rosso, legge che permette di agire rapidamente a protezione dei soggetti deboli, attivando quindi la procedura d'urgenza. L'obiettivo del Codice Rosso è evitare che eventuali stasi, nell'acquisizione e nell'iscrizione delle notizie di reato o nello svolgimento delle indagini preliminari, possano pregiudicare la tempestività di interventi, cautelari o di prevenzione, a tutela della vittima dei reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e di lesioni aggravate, commesse in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza. Il Codice rosso, dunque, garantisce l'immediato avvio del procedimento penale con una veloce ricostruzione dei fatti e quindi di eventuali richieste di provvedimenti protettivi o di non avvicinamento, così da evitare di mettere ancor più in pericolo la vita e l'incolumità fisica delle vittime di violenza domestica e di genere. Sono sempre più frequenti le vicende giudiziarie che fanno scattare il Codice rosso perché c'è una maggiore attenzione nei confronti dei maltrattamenti in famiglia sia da parte degli inquirenti sia da parte delle vittime stesse, sempre più consapevoli della possibilità di mettere fine a una vita di coppia dove la violenza la fa da padrone e la quotidianità diventa un incubo senza fine.
Quando scatta il codice rosso
«Sì, c'è una maggiore sensibilità - conferma Laura Bosi dell'associazione Voce donna -, ma sono comunque le forze dell'ordine che stabiliscono se un caso è da codice rosso o meno.
Il Gazzettino