Sabotava i computer del cliente per ripararli e guadagnare di più

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VILLORBA - All’inizio sembrava un banale virus, poi però si pensò all’attacco di un hacker. La verità sarebbe invece che il malfunzionamento della rete interna, il cambio delle password e la cancellazione o lo spostamento di file importanti come quelli dell’amministrazione sarebbero stati tutti opera di un tecnico che operava sul sistema con compiti di manutenzione. Pagato a prestazione, perché l’uomo, un 29enne di Vicenza, era titolare di una ditta individuale di interventi software. E così per procurarsi più lavoro presso l’azienda cliente, che ha sede a Villorba, l’uomo avrebbe manomesso i server, causando una serie di disservizi che, di volta in volta, richiedevano proprio il suo intervento per ripristinare la piena funzionalità.

 
LE ACCUSE
Ieri per l’imputato, alla sbarra per i reati di intrusione nel sistema informatico e danneggiamento, difeso dagli avvocati Paolo Salandin e Chiara Pianon, sarebbe dovuta arrivare la sentenza. Il giudice invece ha nominato un perito che dovrà valutare quanto emerso a dibattimento e la documentazione tecnica per stabilire se le tesi del pubblico ministero Daniela Brunetti siano o meno verificate dall’evidenza dei fatti. La pirateria ai danni del sistema informatico dell’azienda si sarebbe protratta per un lungo periodo prima che, nel gennaio del 2016, seguendo la pista degli accessi attraverso una serie di password gli stessi titolari riuscissero a identificare il tecnico esterno come l’autore dei sabotaggi. Secondo quanto appurato dalle indagini il 29enne avrebbe operato all’interno dei dati contenuti nei vari server creando una serie di cartelle nascoste dentro alle quali avrebbe spostato una serie innumerevoli di file. Risultato: alcuni dei programmi gestionali non funzionavano più, così come sarebbero spariti dalla rete interna una serie di dati sensibili. 
IL PROBLEMA

Il sistema non riconosceva più le password. Il che rendeva impossibile accedere ai server e tentare di risolvere il problema. Per questo la ditta si è rivolta al tecnico che si occupa della manutenzione. Lui, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe risolto i guai. Del resto sarebbe stato quello che aveva cambiato le password e quindi non gli era difficile introdursi nel sistema. E avrebbe saputo esattamente dove andare a recuperare i file “scomparsi”, immagazzinati in partizioni inaccessibili a tutti gli altri nei vari dischi fissi. Operazioni che avrebbero richiesto, almeno all’apparenza, ore e ore di lavoro. E così partivano le fatture per la riparazione di danneggiamenti che in realtà non erano mai esistiti e saliva l’ammontare delle parcelle. Questa l’ipotesi investigativa su cui ora dovrà esprimersi il perito nominato dal Tribunale, che entro metà di marzo dovrà consegnare la relazione. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino