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TREVISO - Era l’unico degli undici “leoni da tastiera” finiti a processo per diffamazione a non aver voluto risarcire spontaneamente i due vigili urbani insultati su Facebook. «Voglio andare davanti al giudice per dimostrare la mia innocenza» aveva sempre detto Daniele Tinti, che ieri è stato invece condannato a un’ammenda di 400 euro e al pagamento delle spese legali, che si tradurranno in qualche migliaio di euro. L’uomo dovrà inoltre versare 250 euro di risarcimento a ciascuna delle parti offese. Gli altri dieci imputati (Michela Daniotti, Stefano Franceschelli, Nadia Sacchet, Maurizio De Stefani, Alessandro Antonio D’Antona, Tiziana Lorenzet, Manuel Camazzola, Monica Dall’Anese, Gianluca Muffato e Michele Guizzo), anche loro finiti alla sbarra con l’accusa di diffamazione, erano invece usciti dal procedimento pagando 1.750 euro agli agenti della polizia locale e dopo aver consegnato al Comune di Treviso altro denaro per danno di immagine (in totale 5mila euro), soldi che l’amministrazione comunale aveva deciso di devolvere in beneficenza alla struttura de “La Nostra Famiglia”.
L’ATTACCO
Il vero e proprio linciaggio verbale iniziato il 7 marzo del 2016. In una pagina del noto social network era stata pubblicata la fotografia di un’auto dei vigili urbani di Treviso parcheggiata a Sant’Angelo in uno stallo di sosta riservato ai diversamente abili. Sotto l’immagine l’accusa: «Sono andati a bersi il caffè». «Cialtroni e pagliacci» alcuni degli epiteti rivolti ai vigili da altri utenti, anche loro pronti a puntare il dito contro i due agenti accusati di essere stati “pizzicati” dopo aver posteggiato dove non avrebbero dovuto per farsi una pausa. «Poverini… ma loro sono stressati… devono andare dallo psicologo» era una delle frasi messe a commento della foto. In poche ore erano arrivate le risposte. «Sono più disabili degli altri, di cervello intendo» e anche «pezzi di m… me la metto come foto profilo, quando me multeranno je la faccio vedè». La slavina di insulti era proseguito con altri commenti tutti al vetriolo: «S…. è dir poco!», come anche «Guardate che non hanno sbagliato, sono loro i disabili» e «... vogliamo parlare di tutte le volte che li vedo guidare mentre parlano al cellulare? Sti sceriffi del c…...ne avrei io da raccontare!!!. Maledetti di m… sempre a prendersela con i più deboli. Più disabili (mentali) di questi vigili...» Il tutto condito da decine e decine di «mi piace».
LA BARAONDA
La baraonda social aveva portato alla pronta reazione della Polizia Locale.
Il Gazzettino