Venezia, 9 marzo 2020: la città si risveglia svuotata. Tornano rumori antichi, ma per chi lavora è un dramma Video Foto

Una Venezia che non siamo più abituati a vedere, persa da quando l'invasione del turismo di massa ha preso il sopravvento, ma anche una Venezia desolata e desolante,...

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Una Venezia che non siamo più abituati a vedere, persa da quando l'invasione del turismo di massa ha preso il sopravvento, ma anche una Venezia desolata e desolante, con i bar chiusi, sedie e tavolini accatastati e addossati ai muri. E' l'effetto Coronavirus su una delle città più belle del mondo, meta imprescindibile per i viaggiatori.


Oggi è la prima vera giornata del capoluogo veneto da "zona rossa" e i numeri record delle visite divulgati a settembre 2019 sembrano un lontano miraggio: 16 milioni 873 mila arrivi e gli oltre 62 milioni 735 mila presenze rilevate fino a quel mese in tutto il Veneto (nel 2018 Venezia ha registrato più di 12 milioni di presenze, per intenderci sul volume di numeri e affari). Le categorie si sono già fatte sentire: ristoratori, commercianti, alberghieri, gondolieri che restano fermi a bordo delle loro imbarcazioni, sguardo sui cellulare, tutti quelli che vivono di turismo lanciano l'allarme e protestano, ma la paura del contagio e le precauzioni per contenere il diffondersi del virus impongono regole severissime.

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Fissiamo bene in mente questa data: 9 marzo 2020, il lunedì in cui forse non tutto è cambiato, ma di certo si vedono le differenze, anche rispetto alle settimane passate, quando già era evidente un calo delle presenze e le restrizioni imposte dalla Regione si facevano sentire. Ed ecco che piazza San Marco si sveglia svuotata, alle 11 di oggi poche persone in transito lungo l'area Marciana, qualcuno si siede ancora nei bar aperti per un caffè, ma la maggior parte delle vetrine resta con le serrande abbassate.

Dimenticatevi la calca, dimenticatevi i turisti in buona parte asiatici con le asticelle per i selfie e i flash che lampeggiano ad ogni angolo della piazza. Scordate il caos, le famiglie con panini sui gradini e le rive, gli studenti in moto perenne da uno stabile e l'altro per seguire la prossima lezione. Togliete dalla mente quel brusio di sottofondo che avrete sentito in città, quell'incessante rumore della massa di persone e cose, mescolanza di suoni che diventa indefinita. Camminando, tornano all'orecchio i rumori veneziani: quelli dei passi per le calli, dei carrelli che trasportano merci, di qualche motoscafo in transito, delle voci di persone in lontanaza, dei bambini che gridano, dei gabbiani, delle onde sui masegni. Il silenzio avvolge tutto, in certi angoli più remoti. Sembra molto suggestivo, e in parte lo è, perché Venezia così, nuda, spogliata del via vai incessante di visitatori, la si poteva vedere solo all'alba, o nelle ore notturne, dopo la chiusura di osterie e locali. Ma non si deve dimenticare un fatto: questa suggestione ha un prezzo, quella delle osterie e dei ristoranti chiusi, delle attività in ginocchio, di uomini e donne che lavorano quotidianamente grazie proprio a quel brusio incessante di sottofondo.
 

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Il Gazzettino