Venezia, violenze e furti. L'isola felice non esiste più?

Venezia, violenze e furti. L'isola felice non esiste più?
L'isola felice è diventata l'isola che non c'è? Il mito della Venezia sicura, dove si cammina anche a tardissima ora senza doversi guardare le spalle,...

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L'isola felice è diventata l'isola che non c'è? Il mito della Venezia sicura, dove si cammina anche a tardissima ora senza doversi guardare le spalle, scricchiola sotto il peso di eventi magari abituali in altre luoghi ma non altrettanto ordinari nella città lagunare. Certo, si dirà, i tre assalti in 20 giorni ai supermercati potrebbero essere stati firmati dagli stessi balordi protagonisti del fatto di sangue a San Polo; certo il colpo a Palazzo Ducale può essere inquadrato come eccezionale sotto ogni punto di vista.


Però la cronaca nera dell'ultimo anno racconta di tanti piccoli episodi di criminalità ma anche di agguati in calle, soprattutto ai danni di anziani e donne sole; è stato scoperto un covo dove alcuni islamici parlavano di attentati a Rialto; abbiamo visto una banda di ladri mettere in atto l'assalto (con i fumogeni come diversivo) a San Marco. A lasciare il segno, delle vicende di questo inizio anno, è anche la constatazione che due luoghi simbolo della città hanno fatto da scenario agli eventi: il 3 gennaio è stato violato palazzo Ducale, lunedì notte tutto è avvenuto a San Polo, nel cuore del centro storico, in un luogo ben tenuto (non in un'area periferica abbandonata da Dio e dagli uomini), punto di passaggio frequentatissimo da turisti, residenti, pendolari per lavoro.

Non è il caso di lanciare generici appelli sulla sicurezza ( l'operato dei carabinieri nella vicenda di questi giorni è stato esemplare), ma c'è un campanello di allarme che suona e che va ascoltato. E da questo punto di vista non va sottovalutato anche un altro aspetto, finora poco analizzato: la fuga dei residenti dal centro storico fa venir meno anche un certo tessuto sociale, sta evaporando la città in cui tutti sapevano tutto di tutti (per la straordinaria facilità di rapporti in campi e calli veneziani, anche questa una specificità) e di conseguenza quel controllo di vicinato che oggi va per la maggiore in tante aree urbane ma che a Venezia era nell'ordine naturale delle cose senza bisogno di associazioni e strutture organizzate.


Senza dire che la stessa politica urbanistica sulle case pubbliche (almeno fino a qualche anno fa) non ha tutelato il ceto medio - costretto da stringenti logiche di mercato a spostarsi in terraferma - ed è venuta così a determinarsi una paradossale situazione per cui a Venezia sono restate in buona parte solo famiglie particolarmente benestati da un lato e dall'altro nuclei in difficoltà economica. Tutti fattori che picconano il mito della Venezia sicura a prescindere. Ma una città in queste condizioni è destinata se non alla morte al declino e alla perdità di identità. Un destino che Venezia non si merita. E che dovrebbe essere interesse di tutti, non solo in laguna, scongiurare. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino