Spopola in rete il rap veneziano di tre giovani amici sull'acqua alta Guarda

IL PROGETTO Da sinistra Sebastiano Franzoi, Leonardo Milone e Francesco Resini
VENEZIA - In quasi quattro giorni sono riusciti a raggiungere circa 6mila visualizzazioni con la loro “Duri i banchi”. L’inno rap alla rinascita lagunare post...

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VENEZIA - In quasi quattro giorni sono riusciti a raggiungere circa 6mila visualizzazioni con la loro “Duri i banchi”. L’inno rap alla rinascita lagunare post acqua alta di Mil1, prodotto da Gsebuch (al secolo Leonardo Milone e Sebastiano Franzoi, ndr) e curato da Francesco Resini sta diventando virale nelle bacheche social dei veneziani. Un successo inaspettato, che ha colto di sorpresa, positivamente, i tre ideatori del progetto. E proprio su questo, i tre offrono una precisazione.


GUARDA IL VIDEO

IL MESSAGGIO
«Non è una canzone di denuncia politica su com’è stata gestita l’emergenza, o sui problemi legati al Mose, ma vuole invece essere un modo per dar voce ai veneziani che non si lamentano, si alzano le maniche e si ritrovano uniti più di prima». I tre amici veneziani, che hanno tra i 19 e i 22 anni hanno ribadito il senso che li ha portati a dar via al progetto: «Lo spirito di unione tra i veneziani in questo periodo va sempre più calando, invece l’acqua alta del 12 novembre ha portato a molti gesti di solidarietà e le città si è trovata a riscoprire uno spirito unito».
Una delle rime preferite dal giovane Milone è infatti quella che dice: «Non ci importa se si rischia di affogare, perché l’amore per questa città è più forte di ogni fottutissimo disastro naturale».

Parole ponderate, in cui anche l’utilizzo di vocaboli forti sono stati voluti per trasmettere un po’ di quella rabbia per le catastrofi naturali. Il video si apre con il ricordo dell’altra Acqua granda, quella del ’66, quando sempre a novembre la città era stata messa in ginocchio.

Così come allora, canta Milone: «L’acqua sale e sale, non distinguo più la calle dal canale…La soluzione sai che esiste da trent’anni sono stati solo inganni e noi paghiamo i danni…Quanto successo nel ’66 non l’ho passato, passati 50 anni ma nulla è cambiato». Frasi che sono venute in mente al giovane cantante finché si trovava a darsi da fare assieme ai ragazzi di Venice Calls per aiutare negozianti e cittadini che non sapevano da che parte girarsi dopo la catastrofe.

LA PRODUZIONE
Franzoi invece racconta la produzione, avvenuta di pari passo finché Milone scriveva il testo e Resini poggiava le basi per l’aspetto grafico che ha reso incisivo il video: «Ho scelto di utilizzare i suoni che in quei giorni erano diventati familiari, come le sirene, l’acqua che scorre e tutto ciò che richiama all’acqua alta». Dopo due mesi di lavoro, iniziato subito dopo l’evento, i tre sono stati in grado di pubblicare su Youtube “Duri i banchi”, un nome scelto non a caso: «È una frase emblematica veneziana – spiegano - che rende l’idea degli sforzi fatti in questo periodo. Inizialmente avevamo pensato ad un nome come “Hi tide”, come l’app che avvisa del livello del mare, ma per problemi di diritti d’autore abbiamo preferito evitare e focalizzarci sul detto veneziano».

PERCHE’ IL RAP
Il gruppo di ragazzi ha poi spiegato la scelta di utilizzare il linguaggio del rap: «Un po’ perché va molto, un po’ perché è lo stile di Milone, ma volevamo anche dimostrare che con il rap si possono raccontare contenuti e contesti sociale che non devono necessariamente essere collegati ai “drogati” o a un mondo negativo.

Il rap può trasmettere pensieri positivi». E da qui infatti la volontà di esortare la città e i suoi cittadini a sentirsi uniti, insieme, pronti a rialzarsi: «Ci lecchiamo le ferite e ci rialziamo senza l’aiuto di nessuno». La canzone, che ancora non è stata presentata dal vivo, vivrà la sua prima performance live il prossimo 20 febbraio, quando ai Crociferi l’associazione Venice Calls ha organizzato una raccolta fondi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino