Quegli incroci pericolosi a Venezia tra gondole e vaporetti sui canali con la nebbia

VENEZIA - Vedersele comparire all'improvviso, nella nebbia, potrà anche avere un effetto romantico un po "dark", ma nel via vai di barche in Canal Grande e...

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VENEZIA - Vedersele comparire all'improvviso, nella nebbia, potrà anche avere un effetto romantico un po "dark", ma nel via vai di barche in Canal Grande e nei rii veneziani, la presenza delle gondole con il cosiddetto "caigo" (le nebbia veneziana che ammanta palazzi e laguna) è pure un rischio. Anche perché, nello specifico, quando cala un "caigo" come quello di ieri, la regola dice che è discrezione del comandante (in questo caso del gondoliere) decidere se navigare o meno. E così fanno effetto le immagini di "pope" intenti a vogare tra acqua e nebbia, mentre taxi acquei e vaporetti passano loro vicini. Che poi tra gondolieri e comandanti di vaporetti non corra buon sangue, è arcinoto. E così a Venezia riemerge il tema dei pericoli legati alla scarsa visibilità e al traffico. In Canal Grande ricordano ancora l'incidente costato la vita al docente tedesco Joachin Vogel, schiacciato nella gondola da un vaporetto in manovra. Ma quella volte era piena estate e sotto accusa finì solo l'eccessiva presenza di barche a Rialto.


FRAGILI
Con la nebbia, il pericolo maggiore riguarda la navigazione a pelo d'acqua con imbarcazioni fragili in una giornata come quella di ieri, giovedì grasso di Carnevale, in cui i turisti non si sono risparmiati e il loro tour romantico l'hanno voluto fare ugualmente, meteo o non meteo. Così, gondole con a bordo 5-6 turisti hanno preso le vie d'acqua interne. La polemica innescatasi ieri non è vista ovviamente di buon grado da Andrea Balbi, rappresentante dei "pope": «Il Canal Grande è centro storico - dice Balbi - è un canale in cui anche quando la visibilità è bassa si vede da una sponda all'altra, non vedo il problema. C'era tutto il tempo per rendersi conto di chi ci fosse e comportarsi di conseguenza». La difesa della categoria dall'accusa parte anche dal codice della navigazione che, come conferma lo stesso gondoliere, in caso di meteo avverso come pioggia, nebbia o acqua alta, demanda al capitano - come detto - le responsabilità della nave (per nave si intende la barca) e la stessa decisione se imbarcarsi o meno. «Quello che dobbiamo avere è un segnale luminoso a prua, niente di più, non ci sono mai state disposizioni di avere un radar in caso di nebbia, anche perché, visto e considerato la nostra velocità ridotta, nei luoghi dove operiamo siamo sempre visibili», continua Balbi. Motivi che poi scagionerebbero i gondolieri da qualsiasi rischio, in virtù proprio delle velocità di crociera. Diverso il discorso per quanto riguarda la laguna, dove lì sono necessarie strumentazioni elettroniche: «Però in laguna è difficile che si muova una gondola», ribatte il "pope". Semmai la richiesta è al contrario, cioè che chi si muove a motore rispetti chi usa il remo: «La velocità deve essere ridotta, noi più di così non possiamo frenarci, ma chi va a motore deve fare attenzione, un po' come accade in auto, quando c'è nebbia c'è l'obbligo di andare più lentamente».


VISIBILITÀ


E a tagliare la testa al toro c'è anche l'ulteriore riflessione: «Comunque in tutta la giornata di oggi (ieri, ndr) la visibilità nei canali interni era favorevole a individuarci», conclude il gondoliere. I rallentamenti che si sono resi indispensabili nel corso della giornata hanno però arrecato qualche disagio alla città. Il servizio pubblico locale è andato un po' a rilento, causa prudenza, ma si è comunque svolto sebbene con i frazionamenti. Siccome la visibilità è scesa sotto i settanta metri, si è reso necessario il cosiddetto "piano B", cioè l'esclusione di alcune linee a favore di servizi sostitutivi già a partire dalle quattro del mattino. La situazione è andata leggermente migliorando nelle ore più calde della giornata, salvo poi tornare a farsi sentire. In tutti i sensi, visto che dalle prime ore del mattino, a svegliare i veneziani sono stati i suoni emessi dalle imbarcazioni che segnalavano la propria presenza a colpi (forti) di sirena. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino