Lo chef: «Judith è venuta anche da me, ma le ho detto di no» /Ecco perché

Judith Romanello
VENEZIA Si è presentata anche a lui Judith Romanello, la ragazza veneziana di Spinea che sostiene di essere stata rifiutata in un colloquio di lavoro a Venezia - peraltro...

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VENEZIA Si è presentata anche a lui Judith Romanello, la ragazza veneziana di Spinea che sostiene di essere stata rifiutata in un colloquio di lavoro a Venezia - peraltro senza specificare da chi, o da quale esercizio commerciale - solo perché la sua pelle è di colore nero. Si è presentata da uno dei grandi chef italiani, il siciliano Filippo La Mantia, che gestisce un famoso ristorante a Milano e sta impiantandone un altro, come consulente per il gruppo D'Uva, a Venezia, nell'Isola di San Giorgio, all'interno della Fondazione Cini. Ma non sarà assunta, per ora. E non perché nera.


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 Anzi, lo chef, quando ha letto sul giornale la denuncia di Judith, il suo racconto di essere stata respinta da un ristoratore come cameriera, perché di colore, l'ha subito invitata per un colloquio. «Non mi tolgo il vizio di pensare agli altri - spiega La Mantia -. Mi occupo di profughi, senzatetto, carcerati ed Emergency da vent'anni. Ho solo letto di una dichiarazione da parte del sindaco di Venezia su un fatto che è ancora tutto da dimostrare, dove, da maggiorenne vaccinato, si diceva indignato per quanto successo nei confronti della ragazza. Quindi ho solo scritto un tweet in cui l'ho invitata a fare un colloquio portando un curriculum e i genitori».

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La ragazza si è presentata lunedì 8 ottobre.  «È venuta da sola, perché il padre è malato. Ha portato il suo curriculum, breve, e mi è parsa una ragazza normale, senza grandi atteggiamenti. È stata lì, ha ascoltato me e i miei cinque colleghi, le ho fatto una decina di domande, arrivederci e grazie». Ma la ragazza, per ora, non verrà assunta come cameriera nel nuovo ristorante. Ma per motivi del tutto indipendenti dal colore della pelle. «Io cerco figure professionali pronte per un'apertura, su cui possa fare affidamento, non è un locale già aperto dove si possano inserire persone in prova. È ovvio che per ora non potrei far affidamento su di lei a livello professionale. Magari poi è un fenomeno eh, ma per partire ho bisogno di persone che lavorino da anni. Nessun pregiudizio, quindi. Non ho pregiudizi verso nessuno. A Milano tra chi lavora per me ci sono persone che vengono da tutto il mondo, è scontato. Stiamo parlando di servizio: chi fa un buon lavoro ed è integrato va bene». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino