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MESTRE - I graffiti, testimonianza tangibile di uno scampolo di storia del luogo in cui sono stati realizzati e di chi ha voluto lasciare traccia della propria presenza, sono arrivati fino ai nostri giorni seppur segnati nel profondo dallo scorrere del tempo. Non solo testi, ma pure simboli e figure che narrano di un passato ormai lontano, ma ben presente. A Venezia sono presenti su colonne, portali e pareti di ogni tipo e portano con sé i messaggi più disparati: dediche, citazioni, avvertimenti, note amorose, ma anche insulti. Un mondo affascinante, tutto da scoprire, e oggetto di una campagna di studio e documentazione condotta da un gruppo di ricerca dell'Università Ca' Foscari, che sta censendo questi segni sparsi nella città d'acqua e nelle sue isole.
Dopo aver mosso i primi passi nel 2019, l'iniziativa è pronta a dare nuovo impulso al progetto "VeLA, Venezia libro aperto" con una documentazione ora focalizzata su Palazzo Ducale e sulle Prigioni. Il tutto in collaborazione con Fondazione Musei Civici, Comune e Soprintendenza, attraverso il lavoro della coordinatrice Flavia De Rubeis, docente di Paleografia latina.
A TAPPETO
Il progetto è ambizioso e mira ad un coinvolgimento attivo della cittadinanza. «In città stiamo procedendo a tappeto. Abbiamo già analizzato parte del sestiere di Castello, San Polo e Cannaregio e tutta la zona di Dorsoduro». Poi si toccherà anche l'ambito delle chiese. «Vedremo di chiedere l'autorizzazione alla Procuratoria per potervi accedere», spiega la coordinatrice, sottolineando come entro la fine del mese sarà disponibile il sito web di VeLA, dove i graffiti verranno via via raccolti, come in una sorta di banca dati, anche grazie alla collaborazione con l'Istituto di Architettura (Iuav), che ha messo a disposizione la tecnica del laser scanner per i più usurati e di difficile interpretazione. E l'intento è anche quello di realizzare per alcuni una versione in 3D, con voce narrante in sottofondo, per le persone non vedenti.
GLI ESEMPI
Ecco allora che al Ducale ne è emerso uno che fa riferimento all'associazione marittima italiana, a pochi mesi dall'immatricolazione, e al primo viaggio di un suo bastimento, il Marco Polo, compiuto nel 1873. Poi c'è il caso emblematico del pittore greco Theodoros Rallis, attivo in Francia alla fine dell'800: della sua presenza a Venezia non vi è evidenza, se non attraverso due quadri e la firma, inedita, incisa nel 1875 su legno. Un altro graffito scritto in gotica corsiva, probabilmente della fine del XV secolo, riporta invece la testimonianza di qualcuno venuto da Amsterdam. Circa 100 i graffiti di navi, di cui una trentina al Ducale. E gli studi pongono l'accento anche sulla strumentazione usata, mentre il confronto con la cartografia storica permetterà di analizzare come mai i graffiti siano più concentrati in determinate zone di altre. Osservando l'urbanistica di un tempo (la presenza dei monasteri potrebbe ad esempio aver influito), le risposte saranno più definite. Un progetto volto anche a sensibilizzare su un bene storico oggi ancora poco tutelato, che ha potuto contare su diversi finanziamenti: uno europeo gestito dal Centro internazionale di studi dei testi di Parigi del Cnrs, nella sezione Biblissima+, Prin e Pnrr. Ieri, alla presentazione, oltre a De Rubeis c'erano il soprintendente Fabrizio Magani, l'assessore comunale al Patrimonio, Paola Mar, la rettrice di Ca' Foscari, Tiziana Lippiello, il professore di Topografia e Cartografia dello Iuav, Francesco Guerra e la direttrice scientifica di Muve, Chiara Squarcina.
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Il Gazzettino