VICENZA Si erano pure premurati di avvisare il questore di Vicenza. Una letterina di poche righe, ma garbatissima, come conviene alla diplomazia tra "Stati...
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Così Albert Gardin, che si presenta come 121° Doge di Venezia, alle 13.32 ha preso il treno alla stazione di Santa Lucia e alle 14.50 è arrivato a Vicenza. Il benvenuto glielo hanno dato i poliziotti: il Maggior Consiglio - al di là del fatto che l'organismo della Serenissima Repubblica non esiste più, tranne che per il "Doge" Gardin e qualcun altro - non rientra tra le cause indifferibili e urgenti previste dal Dpcm, non esistono giustificazioni valide per andare da Venezia a Monte Berico, non solo fuori Comune, addirittura fuori provincia. Gardin ha protestato: "Sono il Doge". I poliziotti, coinsultata la questura, sono stati inflessibili: "Mi hanno fatto il verbale e mi hanno detto che mi avrebbero restituito la carta di identità solo se fossi risalito in treno per tornare a Venezia". Gardin non si è spaventato, in fin dei conti è lo stesso "Doge" che nel 2018 aveva protestato all'interno del museo del Louvre, a Parigi, chiedendo la restituzione dell’opera "Le Nozze di Cana". Ma anche le forze dell'ordine sono state inflessibili, del resto le sedute del Maggior Consiglio non rientrano nei codici Ateco delle attività consentite del Dpcm di Giuseppe Conte. E così, a metà pomeriggio, il "Doge" si è arreso: "La polizia ha fatto in modo di impedirci di effettuare la riunione che viene sciolta ora. Ma abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, dimostrare che la Repubblica Veneta è sempre operativa nonostante le censure del regime. Contestiamo i provvedimenti antiveneti del Governo Conte e portiamo avanti il nostro impegno per recuperare totalmente la nostra sovranità". Resta il verbale. "Se mi hanno multato? Spero di no". Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino