Referendum autonomista, Zaia gioca d'anticipo: «Mi aspetto il 90% di sì»

Referendum autonomista, Zaia gioca d'anticipo: «Mi aspetto il 90% di sì»
VENEZIA - La Lega Nord si lascia subito alle spalle le comunali e senza aspettare né ballottaggi né le mosse di Renzi detta i tempi della prossima fase politica del...

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VENEZIA - La Lega Nord si lascia subito alle spalle le comunali e senza aspettare né ballottaggi né le mosse di Renzi detta i tempi della prossima fase politica del Veneto, mettendo al centro la questione autonomista. 

Forza Italia trova motivi di conforto nel risultato di domenica: «C’è un’inversione di tendenza - dice Simone Furlan, vicecoordinatore regionale - Il partito è vivo e vitale, abbiamo conquistato paesi nuovi come Quarto Altino, ricostruito una squadra». Mentre il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, risponde a muso duro a Matteo Salvini: «Numeri alla mano, il Carroccio in Veneto non asfalta proprio nessuno. Anzi, è insieme che vinciamo». Il Pd continua negli esercizi di autoflagellazione in attesa del Messia da Roma. Il movimento Cinque Stelle sogna il colpaccio al ballottaggio di Chioggia, settima città del Veneto, che apporrebbe il sigillo della vittoria su queste amministrative. I principali partiti veneti fanno il punto dopo il test elettorale.

Al di là dei numeri, la Lega esce dalle urne consolidata quale partito territoriale di riferimento. Tanto che il suo uomo-simbolo, il governatore Luca Zaia, indica già il prossimo traguardo - il referendum per l’autonomia - fino a scommettere sul risultato: «Si farà, mi aspetto oltre il 90% di Sì, con un’affluenza almeno del 65-70%». Zaia, annunciando che si occuperà in prima persona della comunicazione («ho qualche idea»), cosparge di enfasi l’appuntamento («è la madre di tutte le battaglie e tutti dovrebbero essere pronti a uscire di casa vestiti a festa, a piedi, in ginocchio, contromano») e accelera sulla tempistica: «Non abbiamo ancora risposte dal governo, credo ne darà. Ma stiamo pensando di farlo anche prima del referendum sulla Costituzione perchè il nostro è la pietra miliare, il presupposto per qualsiasi azione. Non mi prendo la responsabilità di negare ai veneti un’opportunità unica in Italia». Ma niente voto elettronico. «Costa. Già senza election day, siamo a 14 milioni. Per la piattaforma digitale ce ne vorrebbero decine in più. Troppo».

Per il Pd invece, nelle condizioni di disgregazione in cui versa oggi, la sfida autonomista lanciata da Zaia è un incubo. L’ex segretario Roger De Menech - da un anno sulla graticola - si sfoga: «L’enorme problema che abbiamo è che negli anni nessuno si è preoccupato di costruire dal basso una vera classe dirigente. Si preferisce spararsi addosso sui giornali. Adesso, credo, un coordinatore esterno verrà a darci una mano. Ma attenti: da Roma non arriverà nessun Messia a salvarci». Il riferimento è alla nomina, data per imminente, di un coordinatore regionale. Tramontata l’ipotesi Bressa, si fanno i nomi del senatore trentino Giorgio Tonini, esperto di autonomia, e della senatrice Francesca Puglisi. Davide Zoggia, sinistra Pd, chiede di far presto perchè «il rischio è che non ci sia più il partito. Domenica abbiamo incassato uno dei risultati peggiori di sempre, spero non venga più in mente a nessuno di affidare il Pd ai segretari provinciali. E se anche i ballottaggi a Roma e Milano non andassero bene, è chiaro che la segreteria nazionale andrebbe messa in discussione».


Chi, invece, confida molto sul turno di domenica 19 è il M5S: perchè a Chioggia si gioca il sindaco anche se Alessandro Ferro parte in svantaggio (21,8%) rispetto a Giuseppe Casson (35%). Federico D’Incà, capogruppo alla Camera: «Ci siamo presentati in 25 comuni, abbiamo eletto il sindaco a Vigonovo, e una trentina di consiglieri. Da soli, senza civiche civetta a supporto. Ci stiamo radicando. Per gli altri ballottaggi nè alleanze nè indicazioni di voti». Sul risultato del M5S, Roberto Marcato, assessore regionale della Lega, dà una lettura diversa: «In Veneto non attecchiscono. I grillini vanno bene in due tipi di comuni: in quelli devastati da 20-30 anni di destra e sinistra, vedi Roma o in quelli dove non c’è chiarezza sulle alleanze. Ma se, come qui, c’è una tradizione di buona amministrazione, non sfondano». Per Marcato le comunali consegnano un altro verdetto: «La terribile legge "chi esce dalla Lega è morto", si ripete. Prima il Veneto (vedi Goisis a Este) è poca cosa e "Fare!" di Flavio Tosi è ininfluente». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino