La paura della Lega dopo il crollo di perdere anche le elezioni regionali

Luca Zaia
VENEZIA - Ridotta a minoranza in Veneto dove è addirittura terza forza politica dopo il Pd, ora l'incubo della Lega è di consegnare Palazzo Balbi a Fratelli...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

VENEZIA - Ridotta a minoranza in Veneto dove è addirittura terza forza politica dopo il Pd, ora l'incubo della Lega è di consegnare Palazzo Balbi a Fratelli d'Italia. Un nome già circola: per il dopo Zaia il candidato governatore potrebbe essere Luca De Carlo, il sindaco bellunese di Calalzo di Cadore, nonché coordinatore veneto dei meloniani, appena riconfermato senatore. Del resto, con il 32,5% dei consensi in Veneto, Fratelli d'Italia è più che legittimata a chiedere la guida della Regione: ha oltre il doppio dei voti della Lega (14,5%) e, se avevano delle velleità, gli outsider sono fuori gioco. Se Luigi Brugnaro aspirava a un ruolo di mediazione nella partita delle prossime Regionali, con il 2% può reclamare poco o nulla.


È anche di questo che i consiglieri regionali leghisti del Veneto, convocati dallo speaker Alberto Villanova, hanno parlato ieri mattina a Palazzo Ferro Fini, prima della seduta dell'assemblea legislativa. Una riunione per somatizzare la differenza: in Regione valgono i dati del 2020, vale il 77% preso da Luca Zaia due anni fa, dunque il gruppo non può lasciarsi coinvolgere dalle vicende delle sezioni, delle segreterie, del tonfo elettorale. «Siamo la squadra del presidente della Regione, siamo il punto di riferimento per il territorio - ha detto Villanova -. Il nostro compito è continuare a dare il buon esempio di una buona amministrazione. Non vogliamo correre il rischio di consegnare fra tre anni la Regione ad altre forze politiche». Senza contare che la galassia leghista difficilmente la prossima volta eleggerà tanti consiglieri come nel 2020: oggi sono 34 su 51, maggioranza assoluta. Di qui l'input: «Lavorare, lavorare, lavorare». Tutti mettono in conto turbolenze politiche, anche se FdI a più voci ha garantito che non ci saranno richieste di rimpasti. «Il 77% ottenuto dal governatore nel 2020 non è un consenso bruciato - ha detto Villanova - ma solo spostato temporaneamente, noi dobbiamo tornare a rappresentare i veneti».


GLI SFOGHI


Però nella riunione di ieri in parecchi hanno espresso malcontento per la débacle elettorale. Con toni fino a qualche tempo fa impensabili. Ha parlato l'assessore Federico Caner («la Lega non è più percepita come rappresentante della nostra terra»), poi il trevigiano Marzio Favero («Bisogna celebrare i congressi»), ha ironizzato l'assessore Gianpaolo Bottacin («A chi dice che le discussioni interne vanno fatte nelle sedi deputate, chiedo: quali sedi se non ci sono più riunioni di partito?»), si è sfogato Riccardo Barbisan sui nominati in Parlamento. La novità è che, rispetto a una volta, ora si sentono tutti più liberi di esprimere dissenso, le voci critiche non sono più solo quelle di Roberto Marcato e di Fabrizio Boron. Che infatti rimarca: «Sì, una volta a parlare eravamo in pochi, io già un anno fa dicevo che far finta di niente era una colpa grave. Ma ora che il territorio con il voto ha mandato un netto segnale, in tanti si pronunciano». Boron incalza: «Stamattina ho rispolverato le rassegne stampa, ho riletto le dichiarazioni del commissario Alberto Stefani quando diceva: Adesso completiamo i congressi di sezione. Era il novembre 2021». A breve è prevista una riunione tra i consiglieri regionali e il governatore. Ma ripartire da dove? Nicola Finco non ha dubbi: «Essere il sindacato del Nord. Non è che i veneti ci hanno abbandonato, è che vogliono un ritorno alle origini».
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino