Il confronto all'americana non c'è stato e non ci sarà. Ma ieri, nella Commissione d'inchiesta sulle banche, il duello a distanza tra il capo della...
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Il primo contrasto va in scena a 45 minuti dall'inizio della testimonianza di Apponi, quando i parlamentari si accorgono che la seduta è trasmessa sulla webtv della Camera e Barbagallo potrebbe seguire i lavori ricalibrando la sua versione. Scoppia il caos tra chi, come il deputato M5s Sibilia, ipotizza che questi venga sorvegliato dalla GdF, e chi chiede il sequestro del suo cellulare da parte del presidente Casini. Quest'ultimo propone invece di secretare il resto della testimonianza di Apponi, ma altri fanno notare che ormai il danno è fatto e così si aggiungerebbe solo disparità a disparità.
Su Veneto Banca, Consob accusa di aver ricevuto solo nel 2013 un rapporto Bankitalia, nel quale si descriveva una situazione non certo di crisi e di essersi mossa quindi da sola nel 2015, mentre su Popolare Vicenza non sarebbe arrivata alcuna comunicazione. Barbagallo replica che nella lettera inviata a fine 2013 alla Consob c'erano tutti gli elementi per far scattare i warning: evidentemente le difficoltà non sono state colte. Nel novembre 2013 Bankitalia aveva segnalato a Consob che il prezzo per l'aumento di Veneto Banca era «incoerente con il contesto economico» e che venivano considerate «negative performance reddituali dell'esercizio 2012». Quanto a Vicenza, Barbagallo, che all'epoca ricopriva un altro incarico, dà una «sua interpretazione». Il tema, spiega, non era oggetto del protocollo di collaborazione fra le due autorità e, soprattutto, il carente meccanismo di formazione del prezzo delle azioni, segnalato dall'ispezione nel 2001 e poi nel 2008, fu cambiato dopo le pressioni sul vertice della banca. In ogni caso «anche in ambito comitato tecnico, Consob poteva chiedere queste valutazioni». Barbagallo ha tuttavia ammesso che il sistema dei controlli e l'equilibrio delle competenze tra authority «può darsi che non sia adeguato» e probabilmente quanto è accaduto con le banche venete «impone una riflessione». Poi, sul collocamento dei bond al retail, conclude: «O lo proibiamo o non otteniamo risultati».
Il presidente della Commissione avrebbe evitato volentieri anche l'audizione testimoniale di Barbagallo e Apponi, ma la decisione è arrivata a larga maggioranza. Chi mente rischia di finire indagato. Gli atti, di certo, finiranno in procura. Ma intanto Casini boccia il confronto all'americana, pare su suggerimento del Quirinale, dove però le bocche restano cucite: dal silenzio si intuisce però che lo scontro in atto non contribuisce alla ordinata conclusione della legislatura auspicata dal Capo dello Stato. A fine giornata, Casini concluderà: «Possono ritenersi superate le criticità circa le possibili contraddizioni emerse nel corso dell'audizione del 2 novembre».
Il caso banche venete però potrebbe non andare in archivio.
Il Gazzettino