Veneto Banca, l'ex socio difende Consoli: «Ho perso milioni di euro, ma non è colpa sua»

Vincenzo Consoli, l'ex ad di Veneto Banca a processo per aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza bancaria
TREVISO «Era la mia banca di riferimento. Ho lavorato quasi esclusivamente con Veneto Banca e anch’io vorrei sapere la verità. Io non ho mai chiesto...

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TREVISO «Era la mia banca di riferimento. Ho lavorato quasi esclusivamente con Veneto Banca e anch’io vorrei sapere la verità. Io non ho mai chiesto finanziamenti per comprare azioni, l’ho sempre fatto con i soldi miei perché ho sempre creduto nella banca. E non mi sono mai state fatte pressioni per acquistarle».


Giorgio Batacchi, imprenditore nel settore edile, era uno dei grandi soci di Veneto Banca, precisamente il sesto per numero di azioni il cui valore era di circa 23 milioni di euro. Ieri era in aula, chiamato dall’avvocato Ermenegildo Costabile a testimoniare in favore di Vincenzo Consoli, l’ex amministratore delegato ed ex direttore generale di Veneto Banca a processo per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza bancaria e falso in prospetto. Assieme a lui hanno parlato altre cinque delle 15 persone in lista (nove non si sono infatti presentate, ndr). 


IL RACCONTO
Batacchi è stato sentito proprio per il suo rapporto storico con Veneto Banca. Anche lui di soldi ne ha persi. Ma ha difeso l’istituto: «Chi ha fatto le magagne sono quelli dopo...» ha ribadito l’imprenditore, “scagionando” Consoli dalle accuse mosse contro di lui dalla Procura secondo cui era l’uomo solo al comando, il cosiddetto “one man bank”: «Non ho mai trattato con i vertici della banca - ha dichiarato Batacchi -. Mi rivolgevo ai referenti locali per i mutui e i fidi. E investivo i miei soldi nella banca perché ci credevo».


LE TESTIMONIANZE
Sul banco dei testimoni si è seduto anche Philipp Fabbio, docente di diritto commerciale all’università di Reggio Calabria. Nel settembre 2015 gli venne commissionata una consulenza finanziaria riguardante il divieto di finanziamento per l’acquisto di azioni nelle popolari. Ne definì i parametri per considerare le operazioni sospette, estrapolando due criteri cardine: la vicinanza temporale tra finanziamento e acquisto, e la corrispondenza degli importi.
Bankitalia, nel contestare 190 milioni di euro di operazioni “baciate” a Veneto Banca, scese poi a 157 milioni, aveva individuato circa 200 posizioni da chiarire. Sul punto è stato chiamato a testimoniare Mauro Gallea, che ha lavorato in Veneto Banca dal 2004 al 2014, ricoprendo anche il ruolo di vicedirettore generale e responsabile dell’organizzazione e dei sistemi informativi.
«La relazione di Bankitalia dopo le ispezioni era composta da 17 diversi punti. Uno di questi riguardava le operazioni di finanziamento per l’acquisto di azioni - ha affermato Gallea - Di queste solo una trentina potevano risultare sospette. Dopo la nostra analisi sono diventate una dozzina, poi ridotte addirittura a cinque per un importo inferiore ai dieci milioni di euro visto che gli altri sette avevano già venduto le proprie azioni». E si tratta comunque di casi “sospetti” come ha detto la difesa di Consoli ponendo le domande.


CASI SOSPETTI

In aula hanno deposto anche Fabrizio Mora, ex capo area di Veneto Banca nel Veronese, e Giuseppe Grassano, ex dg della Popolare di Intra. Entrambi, incalzati dall’avvocato Costabile, hanno ribadito che si rapportavano con tanti dirigenti di Veneto Banca e non direttamente con Consoli. Segno che, per la difesa, l’ex Ad non era il “manovratore” come lo ha definito la pubblica accusa.

 

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Il Gazzettino