OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
TREVISO Hotel, bar ristoranti: l'incubo è diventato realtà. Da lunedì il Veneto sprofonda in zona arancione. Tra gli operatori del settore serpeggia lo sgomento. «Siamo sbigottiti - confessa Dania Sartorato, referente Fipe trevigiana - ci stiamo muovendo perchè arrivino novità sul fronte ristori altrimenti un'impresa su 4 rischia di chiudere». Dodici mesi dall'inizio del primo lockdown. E la luce in fondo al tunnel sembra sempre più lontana. Marzo, che avrebbe dovuto rappresentare la rinascita anche in vista della Pasqua, ricaccia indietro tutte le speranze. Dagli obiettivi minimi (il lunedì dell'8 marzo aveva fatto gi segnare sold out in molti locali) alla prospettiva di una Pasqua in rosso. Quando tutti i clienti di Natale avevano spostato la prenotazione. Nessuno dei ristoratori discute la curva dei contagi o la situazione problematica, ma lo sconforto resta: «Quel che più ci ammazza è non poter progettare la Pasqua. È una cosa gravissima», spiega Sergio Collot del ristorante al Castello, da 48 anni un'istituzione a Conegliano.
RABBIA «Ci troviamo in questa situazione grazie alle feste abusive e alle cene private. Che sicuramente non cesseranno». La Fipe raccoglie la disperazione degli associati. «È un momento durissimo - prosegue Sartorato - costringe tutti a ripensare all'asporto e alle consegne a domicilio di nuovo come unica fonte di entrata. A un anno da quando tutto è cominciato. Il 25% delle nostre imprese è a rischio chiusura».
«È TUTTO SBAGLIATO» Ristorante Da Dino, lungo Strada Ovest è un'istituzione tutta trevigiana. Ha toccato al boa dei 50 anni ma ora inizia a perdere gli entusiasmi. «Con grande difficoltà avevamo ricominciato ad avere un certo giro a mezzogiorno. Anche se per le nostre metrature non poter aprire la sera era un vero paradosso. E ora chiudiamo i battenti proprio sotto Pasqua. Io avevo già tutto completo, perchè i clienti che avevano prenotato a Natale avevano girato la prenotazione a Pasqua. Mi spiace dirlo ma è tutto sbagliato: io ho 140 coperti che sono diventati 70. Garantisco distanziamento e sicurezza. Mi spiace, ma il problema sono i bar. I ristoranti non creano alcun assembramento. Noi comunque chiusi, mentre nei centri commerciali c'è la ressa. Che senso ha?». Per molti ristoranti di fascia alta è impossibile anche l'opzione mensa: «Eppure abbiamo la stragrande maggioranza di clienti che ha bisogno di un luogo in cui pranzare. Io ho gente che viene a Treviso dal Friuli, da Milano, dall'estero. E che continuerà a farlo per esigenze di lavoro. Ma non so dove potranno mangiare queste persone». Isidoro Rebuli, infine, patron della Cima di Valdobbiadene si dice senza parole. Dopo la chiusura dello scorso anno, molti locali di collina avevano sostenuto investimenti importanti per proporre soluzioni outdoor e nuove formule, anche nella speranza di poter continuare in qualche modo a lavorare: «Questa è la stagione che da sola vale un fatturato. E per il secondo anno consecutivo noi la perdiamo. Poi ci sarà Pasqua, e non c'è nulla di buono da attendere. È una vera follia. Sto raccogliendo la disperazione di molti colleghi. I ristori sono importanti ma noi chiediamo di lavorare. In sicurezza come abbiamo dimostrato di saper fare. Comprendo le esigenze sanitarie, ma mi pare acclarato che i contagi siano saliti per ragioni ben precise. Ragioni che nulla hanno a che fare con la ristorazione. Siamo in ginocchio».
Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino