Fiume Piave, bocciati i ricorsi dei Comuni trevigiani: via libera alle casse di espansione

Messa in sicurezza del fiume Piave: il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da otto Comuni trevigiani, capitanati da Crocetta...

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Messa in sicurezza del fiume Piave: il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da otto Comuni trevigiani, capitanati da Crocetta del Montello, contro Regione Veneto, ministero dell'Ambiente e Presidenza del Consiglio dei ministri, sul progetto delle casse di espansione nelle Grave di Ciano. La sentenza del Tribunale presieduto da Antonio Pietro Lamorgese è datata 6 dicembre ed è stata depositata ieri.

A fare ricorso era stato il Comune di Crocetta, cui si erano associati Giavera del Montello, Nervesa della Battaglia, Volpago del Montello, Vidor, Pederobba, Moriago della Battaglia e Montebelluna. La richiesta era di annullare la delibera 302 del 2021 della giunta regionale e quindi la deliberazione 3 del 2021 della Conferenza Istituzionale Permanente dell'Autorità di Bacino Distrettuale delle Alpi Orientali. Preso atto del Piano di gestione del rischio alluvioni, la giunta regionale aveva infatti individuato quattro possibili interventi di laminazione per un'esigenza complessiva pari a 70-80 milioni di metri cubi di invaso: Ponte di Piave, Grave di Ciano, Spresiano e Grave di Papadopoli. Successivamente era però stato osservato che, intervenendo prioritariamente nel sito più a valle, sarebbero rimasti irrisolti i problemi della sicurezza nel tratto a monte, pertanto il Piano 2015-2021 aveva indicato come imprescindibile l'opera di Ciano, in attesa di valutare ulteriori casse altrove. I sindaci però hanno evocato il pregio paesaggistico e ambientale del sito e hanno fatto ricorso. Il Tribunale ha dato loro torto.


LE MOTIVAZIONI
«Va considerato - hanno detto i giudici - che la tutela del territorio dalle ondate di piena del fiume Piave concretamente manifestatasi con effetti catastrofici nel novembre del 1966 ha indotto la Regione Veneto ad avviare la procedura di programmazione e realizzazione delle casse d'espansione in corrispondenza delle Grave del Ciano». Per il tribunale «il motivo d'impugnazione che lamenta l'omessa valutazione del pregio ambientale del sito, è inammissibile per carenza d'interesse poiché la relativa valutazione, lungi dall'essere stata omessa o elusa, è rimessa alla fase successiva del procedimento, allo stato ancora in fieri». Di più: «Il Comune, portatore d'interessi pubblici locali, non vanta alcuna legittimazione a censurare la contabilità delle opere di programmazione finanziate dallo Stato in favore della Regione». E ancora: «L'amministrazione regionale - in considerazione dei sempre più frequenti eventi alluvionali che la cronaca quasi quotidianamente consegna - potrebbe avviare le opere di messa in sicurezza dell'ambiente e di salvaguardia dell'incolumità delle persone che dimorano nelle aree esondabili del Fiume Piave con ordinanza contingibile ed urgente».


LE REAZIONI


«Come ho sempre affermato - ha detto l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin - era sbagliato nel merito ricorrere contro un progetto che non esiste, proprio perché la mia delibera ha assegnato la progettazione dell'opera. Adesso avanti con la progettazione e poi con l'opera. Come dice il professor D'Alpaos, l'acqua segue le leggi della fisica e non gli accordi politici e il Tribunale ha evidenziato la priorità assoluta verso la tutela dell'incolumità pubblica». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino