Veneto Banca, l'ex ad Consoli indagato anche per bancarotta con altri 8 manager

Veneto Banca, l'ex ad Consoli indagato anche per bancarotta con altri 8 manager
Il crac di Veneto Banca fu il risultato di una mala gestione che arrivò a toccare i suoi vertici con un gigantesco depauperamento e la pressoché totale dissipazione...

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Il crac di Veneto Banca fu il risultato di una mala gestione che arrivò a toccare i suoi vertici con un gigantesco depauperamento e la pressoché totale dissipazione del patrimonio per effetto, anche ma non solo, della concessione di crediti milionari diventati sofferenze - di cui si conoscevano i rischi - e dei soldi dati a numerosi clienti per acquistare le azioni dell'ex popolare (le cosiddette baciate) precipitate poi ad un valore prossimo allo zero. Fatti che, alla luce dello stato d'insolvenza confermato ieri dalla Corte di Appello di Venezia che ha respinto l'opposizione presentata dall'ex ad Vincenzo Consoli, fanno concludere che ci si stata una colossale bancarotta fraudolenta.

LE INDAGINI
Sono questi gli assunti su cui si regge il fascicolo d'indagine aperto dal sostituto procuratore Massimo De Bortoli che, proprio per il reato di bancarotta, ha iscritto nel registro degli indagati Vincenzo Consoli e altri otto componenti del management di Veneto Banca, tra cui un ex dirigente della Banca Popolare di Intra S.p.A., inglobata in Veneto Banca nel novembre 2010 e che, prima della fusione con la popolare montebellunese, aveva lo stesso Consoli come vice presidente e Franco Antiga, ex vice del presidente Flavio Trinca, come componente del consiglio di amministrazione. In attesa della fissazione della data dell'udienza preliminare del procedimento che vede solo Vincenzo Consoli indagato per i reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, in Procura a Treviso si apre quindi un nuovo filone che ha come obiettivo individuare i responsabili del tracollo miliardario di Veneto Banca, costato i risparmi di tante famiglie trevigiane, azionisti e obbligazionisti subordinati a cui i titoli dell'istituto di credito erano stati proposti come ottima occasione di investimento per mettere al sicuro i propri capitali. Ad occuparsi di questo nuovo troncone sarà il minipool costituito nelle scorse settimane che, oltre a De Bortoli, comprende ora anche il pubblico ministero Gabriella Cama.
LA PERIZIA
A fare da innesco all'inchiesta sui reati fallimentari è proprio lo stato di insolvenza, dichiarato nel giugno dell'anno scorso dai giudici del Tribunale di Treviso e confermato in Appello alla luce dell'esito della perizia effettuata dal professor Lorenzo Caprio, ordinario di Finanza all'università Cattolica di Milano. Il quesito posto a Caprio dai giudici veneziani riguardava l'accertamento dell'ammontare delle passività di Veneto Banca alla data del 25 giugno del 2017, cioè quando l'ex popolare venne messa in liquidazione coatta amministrativa dal governo Gentiloni, per arrivare anche alla determinazione, sempre con riferimento a quella data, del più verosimile valore di realizzo dei cespiti entro un orizzonte temporale che fosse tale da consentire di massimizzare i ricavi destinati all'integrale pagamento dei creditori.
GLI ESITI

La risposta è contenuta in 254 pagine di relazione in cui il perito delinea quattro scenari valutativi. In nessuno, neppure nell'ipotesi più favorevole, la liquidazione si sarebbe potuta chiudere in bonis: nel primo caso le passività ammontano infatti a 2 miliardi e 285 milioni di euro, nel secondo a 1 miliardo e 313 milioni, nel terzo a 1 miliardo e 761 milioni e nel quarto, il più ottimistico, a 920 milioni di euro. Per ora dalla Procura vige il riserbo sul nome degli altri otto indagati tra cui, o almeno questo sperano molti ex azionisti, potrebbero anche esserci i nomi degli amministratori venuti dopo il Cda guidato da Vincenzo Consoli e Flavio Trinca, che si sono dimessi dalle loro cariche nel 2015.
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Il Gazzettino