Ex "vù cumprà" a Chioggia: in 17 anni, 17 condanne. «Ma ora si è ravveduto»

Ok al permesso di soggiorno prolungato nonostante i reati commessi

Ex "vù cumprà" a Chioggia: in 17 anni, 17 condanne. «Ma ora si è ravveduto»
CHIOGGIA - In 17 anni ha collezionato 17 condanne, variamente emesse dai Tribunali di Venezia (sezione distaccata di Chioggia) e di Roma, per reati “tipici” del...

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CHIOGGIA - In 17 anni ha collezionato 17 condanne, variamente emesse dai Tribunali di Venezia (sezione distaccata di Chioggia) e di Roma, per reati “tipici” del vu’ cumprà: violazioni delle leggi sul diritto d’autore, commercio di prodotti contraffatti, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, ricettazione, false dichiarazioni. Così un cittadino straniero si è visto rifiutare il rilascio del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, un titolo dalla durata decennale che può essere accordato a chi ha un reddito minimo pari ad almeno 6.079,45 euro, ma che nel suo caso gli è stato negato dalla Questura poiché i fatti commessi «dimostrano, da un lato, il mancato inserimento sociale del richiedente e, dall'altro, l'attitudine a vivere dei proventi di attività illecite». Tuttavia il Tar del Lazio ha smontato questa argomentazione, affermando che i comportamenti contestati «devono rappresentare una minaccia reale ed attuale - non solo potenziale - per la sicurezza e l’ordine pubblico». 


PERICOLOSITÀ SOCIALE


Le sentenze sono state pronunciate tra il 2002 e il 2019, per cui sono ormai divenute quasi tutte definitive. Su questa base, la Questura di Roma ha respinto la sua richiesta di lungosoggiornante, ricordando che «il giudizio di pericolosità sociale e di minaccia per l'ordine pubblico è stato presunto dal legislatore proprio per arginare il fenomeno diffuso della vendita di merce contraffatta, e tutelare così la proprietà industriale, intellettuale e l'uso illecito di marchi o altri segni distintivi». Rilevando che l’uomo non ha «vincoli familiari» che possano attenuare quella disposizione, come ad esempio «figli minori a carico», l’ufficio Immigrazione ha evidenziato che una simile situazione «comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica».


Invece il Tribunale amministrativo regionale ha fatto presente che «la condanna con provvedimento irrevocabile» è un ostacolo che riguarda «esclusivamente la fattispecie di “ingresso e soggiorno per lavoro autonomo” e non anche i titolari di permesso di soggiorno ad altro titolo». È stata così accolta la tesi della difesa, secondo cui «la pericolosità sociale sarebbe stata erroneamente desunta dalla commissione di una serie di reati fino al 2013, omettendo di verificare che negli ultimi anni l’interessato ha avviato un percorso di recupero e di ravvedimento». Per i giudici, infatti, non è sufficiente che «lo straniero abbia riportato sentenze penali di condanna»: occorre accertare il suo comportamento più recente, mentre «la Questura non si è fatta carico di esaminare l’inserimento sociale e lavorativo dell’interessato e di operare un bilanciamento tra questo fondamentale elemento e il pur rilevante disvalore delle condotte penalmente sanzionate». Siccome invece già da detenuto aveva partecipato «all’opera di rieducazione», tanto da ottenere nel 2019 la liberazione anticipata, ora l’immigrato dovrà anche ricevere dal ministero dell’Interno 1.500 euro per le spese legali. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino