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PORDENONE - La copertura del velodromo Bottecchia diventa un giallo. E in mezzo ci sono tutti: Comune, società sportive, Regione. In questo caso i riflettori si spostano però di nuovo sull'amministrazione comunale. È vero infatti che l'ente guidato dal sindaco Alessandro Ciriani non ha i soldi per procedere autonomamente alla realizzazione dell'opera, ma stando a quanto si apprende da autorevoli fonti regionali, dal Municipio di corso Vittorio Emanuele non sarebbe nemmeno mai partita una richiesta di finanziamento. Nessuna carta bollata è mai arrivata in Regione con all'oggetto la copertura del velodromo. Un esempio? I fondi per la concertazione. Probabilmente qualche posta a bilancio sarebbe anche stata trovata, ma alle segreterie della giunta Fedriga non è arrivata nemmeno una richiesta formale per l'ottenimento dei soldi necessari all'avvio della progettazione.
Il rimpallo
È necessario allora provare a ricostruire passo dopo passo la vicenda.
L'allarme
La situazione quindi a che punto è? Sembra uno stallo alla messicana. Nessuno realmente si muove. Il consigliere leghista Ivo Moras ribadisce «massima disponibilità a perorare questa eventuale domanda con la giunta, che porterebbe il velodromo Bottecchia ad essere ancor di più il punto di riferimento nazionale e non solo del ciclismo». Della serie, ci si muove se arriva una domanda. Poi c'è la velata (ma neanche tanto) protesta firmata da Bruno Battistella della Federciclismo locale. «La copertura del velodromo? Non è semplicemente un'opzione. È un obiettivo a cui dobbiamo arrivare». Il rischio, in caso contrario, sarebbe sportivamente enorme: «L'impianto dev'essere coperto - prosegue Battistella - se vogliamo che Pordenone rimanga aggrappata (termine non casuale, vista la precarietà della situazione, ndr) agli eventi di caratura internazionale che è ancora in grado di ospitare. È difficile dire a un campione di levatura mondiale che la gara dev'essere rinviata perché piove. L'anno successivo in quel caso il ciclista di grido non torna più da noi. Senza contare che un velodromo coperto potrebbe funzionare dieci mesi l'anno e non sette come accade ora. Ricordiamo che ogni anno la pista d'inverno si ghiaccia, con danni notevoli che poi in primavera devono essere sempre riparati». Costi su costi.
Il Gazzettino