Tragedia del Vajont: il 59esimo anniversario accende i fari «sull'assenza dei giovani»

La celebrazione al cimitero di Fortogna
LONGARONE - Lo scorrere del tempo e il timore che l’oblio scenda sulla tragedia del Vajont dopo anche gli ultimi sopravvissuti e superstiti se ne saranno andati, è...

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LONGARONE - Lo scorrere del tempo e il timore che l’oblio scenda sulla tragedia del Vajont dopo anche gli ultimi sopravvissuti e superstiti se ne saranno andati, è stato il filo che ha intessuto di un’ancora maggiore tristezza le celebrazioni per il 59esimo anniversario celebrate ieri a Fortogna


Il tempo, al cimitero monumentale delle vittime del Vajont, si è fermato solo negli orologi ritrovati tra il fango di quella notte e ora esposti nel piccolo museo che introduce al campo santo che accoglie un intero paese: segnano tutti le 22.39. I bianchi cippi in memoria delle 1910 vittime sono ormai anneriti dalle polveri portate dal vento. Incrostazioni che sembrano un monito. Qua e là qualche fiore, poi solo l’anonima sequenza di sepolture sottratte all’individualità per diventare monumento collettivo a memoria di una delle più grandi tragedie compiute per opera dell'uomo. 
Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963 quando nel lago della diga piombò la frana del Toc sollevando l’onda di 260 metri che in un colpo solo cancellò dalla faccia del pianeta Longarone, Erto e Casso. Si sapeva che sarebbe successo.
 

La paura di perdere la memoria è stato il punto su cui ha battuto il sindaco Roberto Padrin ricordando prima la figura di Gianni Olivier e poi l’assenza dei giovani alle celebrazioni. 
«Questo è il primo anniversario che celebriamo senza il maestro Gianni Olivier - ha ricordato Padrin davanti ad un pubblico fatto più di autorità e associazioni che di gente comune -, l’Informatore della Memoria del Vajont con la I maiuscola, colui che ha insegnato a generazioni e generazioni di giovani e li ha fatti crescere, colui che ha raccontato il Vajont con equilibrio e umanità nonostante il suo cuore fosse gonfio di profonda tristezza perché tutto questo lo riportava a quei giorni di dolore dove perse in un colpo solo la mamma, il papà e il fratello Angelo. L’opera di volontariato, a favore della Memoria, svolta dal maestro Gianni nel dopo Vajont, rimarrà scolpita nelle nostre menti e nei libri che ha contribuito a scrivere raccogliendo i nomi di tutte le vittime, delle loro famiglie, fotografando lapidi, raccolto un tesoro di informazioni che ha donato a tutti. Lo salutiamo anche oggi con un “Ciao maestro”, come a lui piaceva».

Olivier è scomparso nel giugno scorso, all’età di 87 anni. Scampò alla tragedia perché in quel periodo insegnava a Feltre. «Se fosse accaduto il giorno dopo - diceva sempre - non sarei più qui».
La scomparsa di figure come quella di Olivier è una ferita per quella Longarone sepolta a Fortogna.
«Il prossimo anniversario - ha proseguito il sindaco, nonché presidente della Provincia - lo celebreremo con l’obiettivo, da un lato, di fare Memoria per rispetto e profonda vicinanza a superstiti e sopravvissuti, dall’altro con uno sguardo verso il futuro coinvolgendo i giovani, quei giovani che vedo sempre poco presenti in queste occasioni. Sulle loro spalle dovremo porre la storia e la lezione del Vajont affinché possano farsi carico della tristissima storia che hanno vissuto i loro genitori e trasferirla, proiettarla, nel futuro a monito perenne di quanto accadde il 9 ottobre 1963 a Erto e Casso, Longarone e Castellavazzo».


E infine l’arrivederci al 2023, quando sarà celebrato il 60esimo anniversario, con i piedi in un presente che minaccia ancora morti attraverso guerre che si sostituiscono alla diplomazia. «L’auspicio - ha concluso - è di ritrovarci tutti con il cuore più sereno perché nel frattempo il mondo sta cominciando a capire che le dispute, le trattative, le ambizioni, le relazioni possono essere svolte con la diplomazia piuttosto che con i cannoni o le minacce nucleari». 
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Il Gazzettino